Scontro sulla Sanità in Regione Puglia Addio a 18 ospedali
BARI - Crescono le polemiche nei territori sulle riconversioni dei piccoli ospedali previste dai Pal (piani attuativi locali) predisposti dalle Asl e sui tagli dei posti letto stabiliti dal piano di rientro della giunta Vendola. L’operazione taglia-costi avviata dalla Regione, onde non subire la sanzione di 500 milioni per lo sforamento del Patto di Stabilità nel 2006 e nel 2009, non piace al centrodestra - pronto ad aizzare i territori contro il governatore - ma anche a pezzi del centrosinistra, preoccupati della «rivolta » nelle proprie amministrazioni.
«Bloccare le assunzioni nelle Asl e negli enti del servizio sanitario insieme agli effetti della legge sulle internalizzazioni, oggetto di verifica della Corte Costituzionale, fare divieto agli erogatori privati di superare il budget assegnato e tagliare irrazionalmente i posti letto - attacca Gianmarco Surico, consigliere Pdl ed esponente di Futuro e Libertà - altro non è che l’indiretta ammissione di Vendola di aver governato fino ad oggi la sanità pugliese sulla base di una politica clientelare e votata agli sprechi ».
Le risorse erogate dal governo nazionale, puntualmente attaccato da Vendola, sono state «nel 2009 addirittura in misura maggiore con 500 milioni di euro in più». «Basta farsi un giro nei reparti - aggiunge Giovanni Alfarano, consigliere Pdl - per avere contezza delle precarie condizioni strutturali». Mentre «la cancellazione di numerosi nosocomi, il taglio di posti letto, i 700 milioni di euro (tasse regionali) rastrellati dalle tasche dei cittadini pugliesi, i continui disservizi, la carenza di personale medico e assistenziale» raccontano di «un sistema praticamente incontrollato. Oggi Vendola si nasconde dietro il Piano di Rientro, che non è un'imposizione del Governo Berlusconi ma una grossa possibilità che si dà alle Regioni per risanare i propri debiti. La sinistra al governo della Puglia non avendo rispettato il Patto di Stabilità, non avendo recepito le intese sottoscritte col governo ed avendo accumulato circa 1 miliardo di euro di debiti, è palesemente in difficoltà».
Si muove come un ciclone anche il presidente della Provincia di Bari Francesco Schittulli, già sceso in campo a difesa del «Fallacara» di Triggiano, oggetto di ridimensionamento nel Pal della Asl barese. E attacca il piano di rientro giudicandolo «inaccettabile, nato dal mancato confronto e dalla concertazione con gli Enti Locali, che sono, di fatto, le Istituzioni più vicine ai territori e più in grado di interpretare le esigenze e i bisogni reali dei cittadini». «Per questo - aggiunge la vicepresidente del Consiglio provinciale di Bari, Anita Maurodinoia, - lancio un appello affinchè si riveda l’approvazione del piano ».
Protesta più inusuale, invece, quella del sindaco di Terlizzi, Vincenzo Di Tria (Pd), assai vicino a Vendola ma preoccupato per le sorti del «Sarcone» di Terlizzi. Il sindaco, in una lettera al governatore concittadino, invita a rivedere il Piano di assetto strutturale dell’assistenza ospedaliera nella Asl di Bari «che vede fortemente ridimensionato il “Sarcone”» e ricorda le «ingenti risorse» investite sulla struttura terlizzese, che ha «beneficiato in questi ultimi anni dell’attenzione regionale con interventi di adeguamento e riqualificazione per oltre 10 milioni di euro e con l'attivazione di importanti progetti come il “Centro di medicina fetale” e la “Chirurgia del Pavimento Pelvico”».
Alza il velo, invece, sui finanziamenti al S. Raffaele (compari dell'assessore al bilancio della Regione Puglia) di Taranto la Destra di Storace. Il segretario provinciale di Bari, Daniele Milella chiede spiegazioni sulla velocità dei 60 milioni anticipati ad un ospedale privato «in un momento di totale mancanza di risorse come quello attuale, la chiusura di 18 ospedali pubblici e la riduzione di 2200 posti letto». Tali risorse vengono assegnate «senza regolare gara d’appalto sebbene la Fondazione San Raffaele non sia un'organizzazione senza scopo di lucro - dice - bensì, come sentenziato dal Consiglio di Stato, un Ente che svolge attività imprenditoriale in ambito sanitario».
Alcuna spiegazione viene data, anche dai consiglieri regionali, sull’«oscenità di questa delibera» che rischia di rinviare a sine die il completamento dell’ospedale della Murgia: «lì saranno necessari altri 10 milioni di euro che non si sa come reperire. Cosa ha impedito che 10 milioni di euro non fossero assegnati al completamento di un ospedale pubblico quando poi se ne sono assegnati 60 ad uno privato?».
ENTRO DUE ANNI 2.200 POSTI LETTO IN MENO E BLOCCO DEL TURN-OVER DEL PERSONALE
18 ospedali da dismettere e tutti quelli con meno di 50 posti letto da riconvertire, assorbendoli in strutture di livello superiore: passa dalla revisione della rete ospedaliera buona parte del piano di rientro che la prossima settimana approderà in consiglio regionale dopo aver passato l’esame delle commissioni. Per quanto riguarda i nosocomi, vengono anche previsti gli accorpamenti dei reparti «doppione» e la riduzione dei ricoveri inappropriati.
Nella manovra la giunta regionale prevede 2.200 posti-letto da tagliare entro il 2012, abbassando il rapporto posti letto- abitante da 4 a 3 ogni mille. In pratica, ora in Puglia ci sono 215 ricoveri ogni mille abitanti, mentre bisognerà portarli a quota 170. Dei 2.200 letti, oltre 1.400 saranno tagliati quest’anno (1.224 per acuti e 197 per post-acuti) e saranno tutti di strutture pubbliche. I restanti 800 posti saranno tagliati entro il 2012: 370 saranno ancora nel pubblico, altri 300 nelle cliniche privato e 130 nelle strutture ecclesiastiche convenzionate.
Risparmi arriveranno anche dal contenimento della spesa per il personale. La Regione, infatti, intende instaurare il blocco del turn-over (la non sostituzione del personale in uscita) per tutto il triennio. I risparmi potrebbero aggirarsi sui 18 milioni nel 2010, 32 milioni nel 2011 e 52 milioni nel 2012. Inoltre, viene inserito il ticket di 1 euro su ogni ricetta per disincentivare il ricorso all’acquisto di farmaci non indispensabili.
La Puglia primeggia nella spesa farmaceutica non ospedaliera (medici di famiglia e, soprattutto, guardie mediche): dovrebbe attestarsi su 40 milioni di ricette l’anno, ma il trend è superiore (45 milioni), con uno sforamento rispetto ai parametri delle regioni più virtuose tra i 101 e i 204 milioni di euro. Di qui la scelta da un lato di incentivare i farmaci equivalenti (meno costosi a parità di molecola) e, dall’altro, di disicentivare il ricorso alle prescrizioni «facili» con il ticket. Il risparmio complessivo dovrebbe aggirarsi sugli 88 milioni.