martedì 3 luglio 2012

vizi della casta

L'amico di D'Alema a escort con la scorta


Giovanni Di Cagno, uomo forte del Pd in Puglia e vicino a Massimo, partecipava a incontri hard accompagnato dai carabinieri


Il vizietto degli uomini del Pd di andare ad escort, facendosi accompagnare dalla scorta, si è ripetuto anche in Puglia. I fatti emergono da un’informativa del Gico della Guardia di Finanza, citata ieri sul Fatto quotidiano, nei riguardi dell’avvocato barese Giovanni Di Cagno.

Di Cagno, per gli amici “Gianni”, è come si dice al sud, “uomo di mondo”. Il principe del foro, balzato agli onori delle cronache nel 2009 quando - a seguito della maxi inchiesta “Domino” e poi “Domino 2”- quando venne indagato e poi scagionato per riciclaggio, è in Puglia figura di spicco del centrosinistra. Di lui si dice che sia uomo di fiducia di Massimo D’Alema, con il quale ha collaborato alla creazione della Fondazione “Italiani-europei”, e di Onofrio Sisto, esponente del Partito Democratico ed ex vicepresidente della Provincia di Bari.

ALTA SOCIETA'

Membro del circolo del Tennis di Bari, ex componente laico di centrosinistra del Consiglio superiore della magistratura, è avvocato di Michele Labellarte, presunto cassiere, morto nel 2009, del clan Parisi, una delle cosche più potenti del capoluogo pugliese. Proprio Labellarte, di cui meglio parleremo dopo, avrebbe contribuito ai divertissement dell’avvocato. Per gli incontri tra Di Cagno e le belle donne, organizzati e talvolta anche pagati dal Labellarte, venivano sborsati dai 400 agli 800 euro, a prestazione. I rendevouz avvenivano a Roma o Montecatini. Ed è proprio nella località termale che avviene l’incontro più curioso. Labellarte è in ansia, l’appartamento prenotato per Di Cagno e la gentil dama è occupato da amici di un boss. Cosa fare? Dopo l’iniziale panico si attiva affinché l’alcova venga liberata subito. Ma il problema però, come si legge negli atti dell’inchiesta “Domino”, depositati nei giorni scorsi, è un altro. «L’avvocato Di Cagno si sarebbe recato nell’appartamento accompagnato dall’ auto di scorta dei carabinieri». Di Cagno, infatti, gode della scorta in quanto membro della Commissione di garanzia per il diritto di sciopero. Ruolo per il quale, secondo il suo avvocato, era potenziale obiettivo dei terroristi. Sappiate che, alla fine, è andato tutto bene. L’incontro amoroso è volto per il meglio. E Di Cagno soddisfatto se n’è andato con la sua scorta.

Al di là delle scappatelle di Di Cagno c’è un altro filone che emerge tra le carte di Domino. Il presunto legame tra Labellarte e Nicola Latorre, vicepresidente del gruppo Pd al Senato. Nelle informative redatte dalla polizia tributaria di Bari, allegate all’avviso di conclusione delle indagini notificato ai 17 indagati il 14 maggio scorso, si legge questo virgolettato dell’imprenditore dedito al riciclaggio: «Vedrai, quello che sto spendendo mi ritornerà con tutti gli interessi». Siamo nel 2005 e Labellarte, finito agli arresti domiciliari per bancarotta, decide di “investire” nella politica e offrire, sua sponte, il proprio sostegno a Latorre, che si presenta nel collegio senatoriale di Bari-Bitonto. Così il boss defunto punta tutto sul senatore braccio destro di D’Alema ed organizza un comitato elettorale nel centro di Valenzano, comune alle porte di Bari. «Non è dato sapere se l’attività elettorale “sponsorizzata” da Labellarte nel 2005 a favore di Latorre», si legge nei faldoni della Guardia di Finanza, «fosse stata una propria iniziativa o una attività “sollecitata” dai due professionisti», guarda caso proprio di avvocati Onofrio Sisto e Gianni Di Cagno . «Gli stessi», si legge, «parteciparono ad alcune manifestazioni elettorali e cene organizzate e pagate dall’amico Labellarte in sostegno di Latorre che apparteneva allo stesso schieramento politico dei due avvocati». A sostegno dello spirito mecenatistico nei confronti della politica di Labellarte c’è anche la testimonianza del comandante della stazione dei carabinieri di Valenzano Canio Mancusi che dice: «Labellarte aveva appena finito gli arresti domiciliari per una bancarotta, aveva lui a sue spese allestito un comitato elettorale, aveva preso in fitto un ufficio di fronte alle poste».

LA DIFESA DI LATORRE

Ieri intanto il senatore Latorre, intervenuto alla trasmissione de La 7 “Coffee break”, ha immediatamente allontanato le accuse. «Si è svolta in Puglia un’importante indagine sul riciclaggio di denaro sporco che si è conclusa nei giorni scorsi con il deposito degli atti, dai quali si evince che alcune persone hanno sostenuto senza alcun fondamento che Labellarte avrebbe finanziato la mia campagna elettorale del 2005», ha detto il senatore del Pd. Poi ha annunciato di aver dato mandati ai legali per intraprendere azioni a tutela della sua onorabilità dopo che alcuni quotidiani hanno accostato il suo nome a quello di Michele Labellarte. Per Latorre le circostanze di cui si parla negli atti depositati sono ritenuti privi di fondamento «anche da magistrati noti per il rigore con cui agiscono. Non ho mai avuto a che a fare con simili cose», ha chiarito, «e dunque può comprendere l’amarezza di chi come me ha ritenuto da sempre la lotta contro ogni forma di criminalità una ragione fondamentale del suo impegno pubblico».



giovedì 21 giugno 2012

Polizia arresti con speronamento dell'auto in Viale Pasteur, i malviventi arrestati dopo un lungo inseguimento a bordo di una Mercedes in possesso di arma da fuoco


 




                  


       
            CRIMINALITA' A BARI              

 A folle velocità dall'Ikea a viale Pasteur

Due arresti: hanno speronato la volante
L'operazione avviata dai carabinieri contro pregiudicati

I malviventi avevano a bordo anche armi e droga

BARI - Un inseguimento a folle velocità partito da Triggiano, proseguito all'esterno del parcheggio dell'Ikea (affollato di clienti) e terminato con un'auto della polizia speronata. È quanto successo nella serata di mercoledì a Bari: in manette i pregiudicati luigi Ventrella (triggianese di 31 anni) e Nicola Laudadio (barese di 23 anni). Sono accusati di tentato omicidio, violenza e resistenza aggravata a pubblici ufficiali, detenzione e porto d'arma e detenzione di hashish.

L'operazione è partita alle 20 mentre una pattuglia della radiomobile dei carabinieri era impegnata nel normale servizio di controllo. I militari hanno notato una Mercedes Clk di colore grigio, con a bordo due individui (uno dei quali pregiudicato). I malviventi per evitare le verifiche hanno accelerato bruscamente fuggendo in direzione del parcheggio del centro commerciale Ikea. La Mercedes, superata la struttura (erano presenti numerosi clienti) ha attraversato la statale 100 per poi deviare sulla 16 in direzione Brindisi, proseguendo la folle corsa per via Gentile, viale Japigia, viale Pasteur. A quel punto è intervenuta anche una volante inviata dalla questura di Bari. I due malviventi, pur di guadagnarsi la via di fuga, hanno speronato l’autovettura di servizio. Appena bloccata la corsa a causa dell’impatto, i due fuggitivi sono stati fermati dai due equipaggi, nonostante opponessero una violenta resistenza. Ventrella, in particolare, ha tentato di usare una pistola calibro 9.

Nel corso dell'inseguimento i malviventi si sono disfatti, lanciandole dal finestrino, di diverse bustine in cellophane contenenti sette grammi di hashish. L’autovettura Mercedes Clk è stata sequestrata anche perché priva di assicurazione.

21 giugno 2012






Ospedale pediatrico Giovanni XXIII              Attualità


21 giugno 2012 - 13:55

Trasferimento pediatria al Giovanni XXIII, ancora un rinvio

Il trasferimento della pediatria dal Policlinico di Bari al Giovanni XXIII, previsto per il 14 giugno scorso e non ancora avvenuto, non s’ha da fare. Almeno questo è quanto asseriscono medici ed operatori che da mesi sono in protesta per scongiurare il passaggio nell’ospedaletto di Via Amendola, struttura che presenterebbe non poche criticità dal punto di vista assistenziale. Non ultima l’assenza di una risonanza magnetica che oggi è garantita proprio dal Policlinico di Bari e la perdita di un pronto soccorso pediatrico molto attivo. Le criticità saranno responsabili secondo i medici di un aumento della migrazione extraregione per l’assistenza pediatrica perchè quella che si potrà garantire al Giovanni XXIII sarà una pedriatria di primo livello. Intanto il sindacato prosegue con la sua battaglia asserendo che non esiste alcun atto aziendale che pianifichi questo trasferimento. Dopo aver atteso un anno per una udienza presso il direttore generale Vitangelo Dattoli che non ha mai risposto, il sindacato ha deciso di appellarsi all’articolo 28: comportamento antisindacale. Dunque si vedrà come andrà a finire, per ora la direzione generale tace e rimanda di mese in mese la data del trasferimento quasi a confermare i dubbi sollevati dai medici dissidenti. Sulla decisione del trascloco, poi, pesa anche il rischio per l’azienda Policlinico di perdere 800 mila euro di fondi ministeriali destinati al polo pediatrico.

Queste le ragioni di chi vuol restare al policlinico. Non è affatto dello stesso parere il direttore della pediatria del policlinico di Bari, il professor Luciano Cavallo che difende invece l’utilità del trasferimento teso solo a migliorare il grado di assistenza a piccoli malati. Sulla risonanza magnetica tranquillizza dicendo che il nuovo apparecchio è stato già messo a gara, dunque ci sarà. Sulla chiusura del pronto soccorso pediatrico invece asserisce che quello del policlinico non è un vero pun to di soccorso e dunque con il trasferimento le emergenze avranno tutto da guadagnare così come dalla presenza di una cardiologia ed una radiologia dedicata. Dunque Cavallo minimizza sui moti di protesta ed è pronto a scommettere che il trasferimento è solo stato rinviato di qualche settimana e che sarà ultimato nel mese di agosto, quando c’è meno affluenza, per far sentire meno il disagio all’utenza.



giovedì 7 giugno 2012

Ecco lo schifo dei preti, poi ci chiedono di contribuire con 8x1000, alla fine a pagare le loro porcate siamo sempre noi. Non ci sono provvedimenti disciplinari o di radiazione nei confronti di questi sciacalli pedofili, fanno tutto quel cazzo che vogliono.

LECCE : Il vescovo dovrà risarcire



per la violenza sessuale del preteAccolta la richiesta della vittima, un marocchino di 28 anni: in caso di condanna, sarà la curia che dovrà provvedere a risarcire i danni per ora quantificati in 20mila euro

LECCE - In caso di condanna il vescovo dovrà risarcire per la violenza sessuale del suo parroco. La curia di Nardò, in provincia di Lecce, si è costituita come responsabile civile nel processo in corso a Lecce a carico di don Quintino Sella, parroco accusato di violenza sessuale nei confronti di un marocchino di 28 anni. La citazione della diocesi, nella persona del vescovo reggente monsignor Domenico Caliandro, era stata chiesta dalla presunta vittima, tramite l'avvocato Salvatore Centonze, secondo cui il rapporto di lavoro che legava il prelato alla curia rendeva quest'ultima responsabile degli eventuali illeciti commessi durante lo svolgimento delle mansioni a cui era adibito.

Chiesti i danni al vescovo Si dimette il parroco di Nardò

La parte civile ha chiesto un risarcimento di 20.000 euro. I fatti contestati a don Quintino risalgono all'autunno scorso, quando il giovane marocchino - stando a quanto denunciato - sarebbe stato attirato nella sacrestia della chiesa di San Gerardo Majella di Nardò con la scusa di dargli vestiti e cibo e lì il prete lo avrebbe molestato. Nel gennaio scorso il sacerdote è stato rinviato a giudizio dal gup di Lecce.

Il processo davanti alla prima sezione del Tribunale salentino è iniziato oggi con la costituzione delle parti e proseguirà il prossimo 10 ottobre.

martedì 15 maggio 2012

Grazie, Presidente Schittulli, questo è un motivo in più per dimostrare che le Province non servono, sono inutili, servono soltanto a riempire le vostre tasche, dice bene lo stato centrale che bisogna eliminarli. Lei prof. ha portato l'aliquota al massimo, dal 12,5% al 16%, come se non bastasse la tegola del governo centrale. Giustamente anche lei vuole partecipare al contributo del suicidio della gente. Mi chiedo se invece di aumentare l'aliquota rc - auto, non fosse più giusto tagliare i vostri onerosi stipendi, le vostre auto blu, tutte le agevolazioni, che lei Presidente in primis, con assessori e consiglieri avete con il mandato o nomina ? No, perchè a voi, la tegola, le tasse e quant'altro devono ricadere sulla testa della povera gente. SCIACALLI

Aliquota Rc auto, la Provincia di Bari l'aumenta dal 12,5% al 16% .

Grazie Presidente Schittulli lei si che è una persona ragionevole.

Piovono tasse anche dalla Provincia.

In attesa della stangata dell’Imu di giugno, i cittadini sono costretti a sorbirsi un altro balzello: l’aliquota della Rc auto (Responsabilità civile per l’automobile), tributo di competenza dell’amministrazione provinciale è stata aumentata di 3,5 punti percentuali, portandola fino al massimo permesso dalla legge (16%). Un’altra piccola goccia di sangue del contribuente, già anemico per l’Iva al 21% (diventerà il 23%), l’accise sui carburanti, l’Irpef, l’Irap e come detto anche la nuova Imposta municipale sugli immobili.
Sono gli effetti occulti del federalismo, che continua a ridurre i trasferimenti dallo Stato verso gli Enti locali, «costretti» così a provvedere da sé per non chiudere i bilanci in rosso e al tempo stesso rispettare la trappola del patto di stabilità. E intanto i cittadini pagano. Così, l’automobilista virtuoso, capace di non fare incidenti, anche nel 2012 anziché vedersi ribassare il premio dell’assicurazione, dovrà arrendersi all’evidenza di pagare di più rispetto all’anno precedente. Un film sempre uguale anno dopo anno.
«Siamo stati costretti ad aumentare l’aliquota della Rc auto, dal 12,5% al 16%, dopo averla lasciata ferma per due anni così come abbiamo continuato a fare con l’imposta di trascrizione, rimasta invariata», spiega il presidente della Provincia, Francesco Schittulli. «Per continuare a offrire servizi ai cittadini non avevamo scelta: scuole, strade, politiche sociali hanno un costo che in seguito ai tagli subiti nei trasferimenti da parte dello Stato, rischiavamo di non essere in grado di coprire». «In tal modo abbiamo trovato le risorse adeguate a sostenere tali spese, garantendo al tempo stesso un adeguato standard qualitativo degli stessi servizi», aggiunge il senologo, supportato dal direttore generale dell’ente di via Spalato.
«Lo scorso anno abbiamo ricevuto 13 milioni in meno da parte del Governo - afferma Onofrio Padovano - per cui l’unica fonte di sostentamento dell’ente sulla quale potevamo agire era l’aliquota della Rc auto, che ci ha consentito di recuperare 10 milioni». Ne mancano altri tre all’appello. «Per colmare i fondi mancanti - dice ancora Padovano - abbiamo provveduto da un lato tagliare alcuni costi, come il parco macchine ed i telefoni, dall’altra parte siamo riusciti a risparmiare su altre spese di natura non obbligatoria». «Capisco il sacrificio per i cittadini in un momento di grave difficoltà complessiva che stiamo vivendo - conclude Schittulli - ma, malgrado le ristrettezze, abbiamo ritenuto importante cercare di continuare a garantire alla gente i servizi in settori essenziali come scuola, viabilità e welfare».

Temi caldi anche nei lavori di preparazione del bilancio preventivo 2012 che approderà in consiglio provinciale in linea di massima entro la fine di giugno. Nei primi incontri tra presidente, assessori, direttore generale e tecnici per la stesura di una prima bozza del documento contabile è stata infatti ribadita la linea dell’amministrazione: manutenzione di scuole e strade, ma anche politiche sociali e formazione professionale, restano i settori ai quali vengono dedicate le maggiori attenzioni.

lunedì 7 maggio 2012

Giovanni era un amico, un signore amico, è per questo il nostro signore Dio lo ha voluto con lui. Il sottoscritto con tutta la sua famiglia porge un ultimo saluto a Giovanni Meola. Ciao Gianni.

BOLZANO / Un uomo di 54 anni è morto investito dal suo stesso pullman, di cui è l’autista. L’incidente dalla dinamica incredibile è avvenuto a Falzese, nella notte, in Alto Adige.

L’uomo, Giovanni Meola, Fratello di Antonio Meola ex infermiere, e di Nicola Meola (falegname) entrambi degni del defunto fratello stava probabilmente pulendo il pullman. Ad un certo punto, il mezzo per ragioni ancora da capire si è messo in movimento, andando a schiacciare Meola contro una parete.

L’intervento dei soccorritori della Croce Bianca purtroppo non è servito per salvare l’uomo.

Era originario di Triggiano nel Barese.

Della ricostruzione della dinamica se ne stanno occupando i carabinieri.

Porgiamo le nostre condoglianze ai suoi due figli e alla famiglia tutta.

Ciao Gianni sulla terra eri un signore, e tale rimarrai su nei cieli.

giovedì 3 maggio 2012

Le Iene Show, 29/03/2012: servizio shock sul prete che molesta i fedeli


A Le Iene Show, andato in onda ieri sera, 29/03/2012 è stato trasmesso un servizio shock su un prete che fa esplicite avance sessuali, delle vere e proprie molestie ai suoi fedeli. Immagini che turbano perché è davvero terribile vedere un sacerdote esprimersi in quel modo verso ragazzi andati in parrocchia a chiedere un aiuto. Per in inciso: sarebbe stato terribile anche se non si fosse trattato di un sacerdote, ma il fatto che lo sia aggrava ancora di più la cosa.

Giulio Golia storico inviato de Le Iene Show ha trattato un caso che ha dell’incredibile: con questo prete che non perde tempo e appena può molesta apertamente i suoi fedeli. Le immagini mostrano un ragazzo (inviato delle Iene) che va in parrocchia a chiedere aiuto al sacerdote: dice di avere bisogno di aiuto, di essere in difficoltà economiche. Il prete prima fa i suoi sermoni evangelici ma subito dopo comincia a parlare esplicitamente di sesso. Chiede particolari intimi ed estremamente volgari al ragazzo, puntando direttamente sul sessuale.

Lo stesso comportamento viene adottato anche con un ragazzino di soli 17 anni che dice di non andare d’accordo con i suoi genitori; il prete dopo aver parlato di Gesù e dell’amore cristiano inizia a chiedere particolari sull’anatomia del ragazzo. Chiede quali siano le pratiche sessuali del giovane e se mai abbia avuto rapporto sessuali. Poi si lancia nel raccontare le sue performance. Poi si spinge molto più avanti: chiede baci ed abbracci; chiede al ragazzino se gli voglia passare la gomma da masticare di bocca in bocca.




«Curia a luci rosse» indaga la Procura Potenza dopo la denuncia Claps

Il seminarista e la mamma. Il primo sostiene di essere una vittima degli abusi in seminario. La donna ha raccontato quello che sarebbe capitato a suo figlio, un ragazzo disabile durante gli incontri in parrocchia. Sono i testimoni di quanto ha denunciato in tv Filomena Iemma, la mamma di Elisa Claps. Sarà la Procura ad accertare se in quei due racconti si nascondano profili di natura penale. In Questura da qualche giorno c’è un fascicolo. Gli investigatori della Squadra mobile stanno cercando di ricostruire ciò che è accaduto.

La madre di Elisa aveva parlato di pedofilia negli ambienti della diocesi, attirando la reazione stizzita di molti ambienti cattolici del potentino. Ma cosa intendeva dire esattamente la signora Filomena? A quali episodi si riferiva?

Durante la trasmissione Rai «Chi l’ha visto?» andata in onda la scorsa settimana è stato spiegato: a Potenza un sacerdote, che avrebbe avuto un rapporto omosessuale con un ex seminarista, è accusato di aver molestato un ragazzo disabile. Sia la relazione gay, sia l’abuso, avvenuto all’interno di una parrocchia, sono stati segnalati da Gildo Claps, fratello di Elisa, al vescovo, monsignor Agostino Superbo. La comunicazione risale a qualche mese fa ed è stata trattata in modo «molto riservato» per evitare strumentalizzazioni.

La decisione di uscire allo scoperto è dettata dalla volontà di spiegare le accuse della signora Filomena che, impropriamente, ha parlato di pedofilia, in quanto il ragazzo disabile molestato è maggiorenne. Potrebbe trattarsi però di abusi su persona con problemi cognitivi e per questo «aggravati».

Le due vicende riguardano lo stesso sacerdote. Il processo di diritto canonico, avviato dopo la segnalazione al vescovo, pare si sia concluso con un trasferimento del sacerdote. Erano solo rapporti omosessuali quelli denunciati dall’ex seminarista (che per incastrare il sacerdote avrebbe addirittura scattato una foto)? E cosa è accaduto a messa finita nella parrocchia che amministrava il sacerdote?

Saranno gli investigatori ad accertare se durante gli incontri l’ex seminarista era consenziente e se il ragazzo disabile era capace di capire quello che stesse accadendo.





venerdì 27 aprile 2012

UN ESEMPIO CHE DOVEVA PRENDERE UN'ALTRO SCELLERATO PARROCO CHE VIVE ALLE SPALLE DELLA POVERA GENTE, E COME SE NON BASTASSE CACCIA UN RAGAZZO DI 24 ANNI DIVERSAMENTE ABILE DA UN POSTO SACRO, "CHE SCHIFO, UN GESTO CHE SUSCITA VOMITO".

                                        Don Francesco CaramiaLA LETTERA PER LE AMMINISTRATIVE









Amate la città come fanno le puttane» Lo slogan di don Francesco per Brindisi

Il parroco della Chiesa di San Giustino ai fedeli

«Ma non credete ad assurdi favori occasionali»

BRINDISI - Amare la propria città, gli spazi comuni e le persone «come sanno fare maestre e puttane» è l’invito rivolto ai suoi fedeli, in un’accorata lettera inviata ai residenti del quartiere Bozzano, da don Francesco, parroco della Chiesa di San Giustino. L’espressione forzata ma pur sempre una citazione di don Milani («Dio m’ha mandato Ferruccio e Enzo e una fila d’altri ragazzi di San Donato come per dire che devo seguitare ad amare le creature giorno per giorno come fanno le maestre e le puttane …. Un abbraccio, tuo Lorenzo»), è al centro dell’appello del sacerdote a votare alle prossime amministrative. «Schieratevi - ha scritto il parroco - con rabbia e passione e non soffermatevi su assurdi siparietti di parole. Non credete ad assurdi favori occasionali e scegliete con assennatezza». Poi don Francesco, che come consuetudine ogni anno invia ai fedeli nel periodo di Pasqua una lettera di augurio, si è spinto oltre la campagna elettorale su cui comunque non ha risparmiato commenti.

L'ANALISI - «In gioco c’è il potere della città», ha scritto, mettendo in guardia i brindisini e spingendoli a riflettere prima di votare. Quello alla partecipazione è un appello legato anche alla scelta però, che, sempre secondo don Francesco, non deve essere affrontato con superficialità. Un intervento che arriva dopo quello, molto criticato, di un altro sacerdote brindisino. Critiche copiose erano infatti piovuto sul candidato di centrosinistra Mimmo Consales il giorno di Pasqua quando, al termine della messa, il parroco del Seminario al quartiere Santa Chiara aveva invitato i fedeli ad uno scambio di auguri con il candidato.

giovedì 26 aprile 2012

I Preti? Sono la rovina della nostra Nazione!!!!!! Andassero a lavorare, questi sciacalli.


Caso Claps, la mamma: Prete gay molestò disabile


POTENZA - Altre ombre sulla chiesa potentina. Dopo le parole al vetriolo di Filomena Iemma con conseguente «anatema» del vescovo, ieri sera la trasmissione di Raitre «Chi l’ha visto?», condotta da Federica Sciarelli, è tornata ad occuparsi del caso Claps che si sta trasformando in una sorta di processo mediatico al clero.

La madre di Elisa, lo ricordiamo, aveva parlato di pedofilia negli ambienti della diocesi, catalizzando la reazione stizzita di molti segmenti cattolici del capoluogo. Ma cosa intendeva dire esattamente la signora Filomena? A quali episodi si riferiva? Ieri, sempre durante il programma televisivo, è stato svelato l’arcano: a Potenza un sacerdote, che avrebbe avuto un rapporto omosessuale con un ex seminarista, è accusato di aver molestato un ragazzo disabile. Sia la relazione gay, sia l’abuso, avvenuto all’interno di una parrocchia, sono stati segnalati da Gildo Claps, fratello di Elisa, al vescovo mons. Agostino Superbo.

Una comunicazione che risale a qualche mese fa e che è stata tenuta sottotraccia per evitare strumentalizzazioni. La decisione di uscire solo oggi allo scoperto è dettata dalla volontà di spiegare le accuse della signora Filomena che, impropriamente, ha parlato di pedofilia in quanto il ragazzo disabile molestato è maggiorenne. Ciò, però, non cancella lo scandalo, la vergogna, l’ennesima macchia sulla chiesa potentina, chiamata in causa ancora una volta dalla famiglia Claps che invoca giustizia e verità sulla morte di Elisa.

Le due vicende che riguardano lo stesso sacerdote sono state ricostruite attraverso le testimonianze dell’ex seminarista, con cui il prete avrebbe avuto una storia, e della madre del ragazzo disabile. Sul nome del prete protagonista è calato un velo, ma, come dicevamo, il vescovo è stato informato dell’accaduto. E pare che abbia avviato un’indagine interna, con tanto di processo di diritto canonico sul cui esito, però, campeggia un grosso punto interrogativo. Resta anche da chiarire se il prete accusato stia ancora celebrando messa in una parrocchia del capoluogo lucano, nonostante la pesante accusa, sia stato trasferito o messo in «quarantena».

Anche se don Marcello Cozzi, presente ieri in studio come rappresentante della diocesi, delegato dal vescovo, ha assicurato che sono stati presi provvedimenti.

Durante «Chi l’ha visto?», in premessa, Gildo Claps ha chiarito che la madre, nel parlare di pedofilia, è stata tratta in inganno dal suo racconto relativo all’abuso del ragazzo disabile, credendo che si trattasse di un minorenne. Poi è stata la volta dell’ex seminarista, con volto coperto e voce contraffatta per non farsi riconoscere, che avrebbe avuto una relazione con il sacerdote: «Una notte sognai che il mio parroco aveva una relazione con una star della televisione. Ho ritenuto opportuno dirglielo. A quel punto si è denudato davanti a me e mi ha chiesto di avere un rapporto sessuale. Ho accettato. A ottobre del 2009 ho detto tutto al vescovo, in confessione, ma lui mi ha chiesto delle prove. A quel punto ho incontrato di nuovo il prete e ho registrato il nostro colloquio, riuscendo anche a scattare una foto».

L’ex seminarista, nel suo racconto, incrocia la storia del ragazzo disabile, con problemi psichici, a cui la madre lo affida chiedendogli di aiutarlo. È in quell’occasione che l’ex seminarista viene a conoscenza dell’abuso. La donna, invitata a «Chi l’ha visto?», racconta di aver chiesto aiuto a un parroco per il proprio figlio alle prese con disturbi comportamentali e tormentato dall’attrazione per lo stesso sesso: «Volevo che si confidasse con il prete. Lui stesso aveva voglia di capire se stava commettendo peccato nel sentirsi attratto da altri uomini.
Ma dopo quel colloquio è tornato a casa e mi ha detto che non voleva tornarci più. Alla fine mi ha detto che il sacerdote ci aveva provato. Mi ha raccontato - aggiunge la donna, intepretata da un’attrice - che quando è arrivato in parrocchia il prete ha messo su un film pornografico preso da internet e poi ha tentato di avere un rapporto con lui, ma mio figlio è fuggito disgustato. Non ho pensato di denunciare il caso perché sarebbe stata la parola di un depresso contro quella di un parroco».









martedì 17 aprile 2012


L'aria che che tira, non è delle migliori.
Il segretario dei democratici Blasi ha posto in direzione il tema e annuncia che incontrerà Decaro sotto inchiesta con Tedesco.
 Domani vertice di maggioranza con Vendola

Il 40 per cento dei consiglieri regionali di Pd e Sel, i due principali gruppi che sostengono la giunta Vendola, è protagonista di un procedimento penale da parte della magistratura. Si contano sette dei diciotto riformisti senza escludere Michele Mazzarano, che sceglie di traghettare nel Misto aspettando tempi (giudiziari) più propizi per rientrare nei ranghi; due degli otto "sellini", compreso il governatore Vendola. Tant'è che ieri sera Sergio Blasi, segretario dei Democratici, nel chiuso della direzione del partito faceva notare: "Il problema degli indagati riguarda tutto il centrosinistra". Il tema, spinoso, legato alla questione morale farà capolino anche nel vertice di maggioranza che sarà celebrato domani pomeriggio. Uscire dal guado, a quanto pare, non è facile. Lo stesso Blasi fa sapere che "domani (oggi per chi legge, ndr), incontrerò il capogruppo Antonio Decaro". Un faccia a faccia che potrebbe riservare qualche sorpresa.

Decaro risulta tra gli uomini politici coinvolti nel "Tedesco 1", cioè la prima delle tre inchieste che ruotano attorno alla figura dell'ex assessore alla Salute Alberto Tedesco. Secondo i pm, che chiedono al gup il rinvio a giudizio di entrambi, proprio l'ex assessore avrebbe consegnato in anticipo le tracce di un concorso pubblico bandito dall'Arpa per fare assumere un cugino di Decaro all'agenzia delegata a proteggere l'ambiente. Ma l'operazione non si conclude con il classico lieto fine: il parente prossimo del capogruppo del Pd, nonostante tutto, fallisce la prova d'esame. Un'intercettazione telefonica lunga solo una manciata di secondi, testimonierebbe il sedicente inciucio: Decaro dovrebbe rispondere di tentato abuso d'ufficio.

Nel momento in cui questa storia saltò fuori per la prima volta, il giovane ingegnere prestato alla politica manifestò immediatamente l'intenzione di lasciare la presidenza del gruppo di Via Capruzzi almeno fino a quando non fosse stato capace di togliere le castagne dal fuoco del codice penale, ma i componenti la pattuglia democrat avevano respinto, sdegnati, l'idea del passo indietro. Né oggi Blasi insisterà perché Decaro si faccia da parte. Piuttosto, avrebbe ragionato con qualcuno dei dirigenti del Pd, "servirebbe pure ad Antonio, autosospendersi dall'incarico". Sì, insomma, per la "primavera pugliese travolta dai pm" - primavera che peraltro era stato Blasi prima di tutti quanti gli altri a dichiarare "morta" - sarebbe l'ennesima battuta d'arresto qualora dovesse finire sotto processo il capogruppo del Pd, di cui nessuno parla male. Non fosse altro perché, fanno notare alla direzione di ieri sera, "non è sospettato di reati infamanti come la corruzione o la concussione".

Blasi di fronte al consesso chiamato a raccolta nel quartier generale di via Re David - non c'era la folla delle grandi occasioni e i presenti annoverano appena un pugno di parlamentari, da Dario Ginefra ad Alberto Losacco, da Giusi Servodio a Cinzia Capano - non fa altro che raccomandarsi: "Dobbiamo avere la schiena dritta". Davanti alle tegole giudiziarie che cadono una via l'altra. E nei confronti di Nichi Vendola, che "nel suo secondo mandato, dopo avere seminato tra il 2005 e il 2010, non ha fatto il salto di qualità e, quindi, non ha raccolto tutti i frutti per cui aveva lavorato faticosamente nei cinque anni precedenti". Un motivo in più, questo, perché Blasi ripeta: "Vendola non deve andare via dalla Puglia (grazie alle politiche del 2013, ndr), ma mantenere l'impegno preso con i cittadini alle regionali di due anni fa". Non s'interrompono i sogni, però nemmeno una legislatura. Quanto alle cose da fare, il Pd cala sul tavolo tre assi: "Rifiuti, energia, acqua".



A TUTTO C'E' UNA RISPOSTA, E NOI CHE CI FACCIAMO PRENDERE PER IL CULO DA QUESTI LADRONI. LA PAROLA D'ORDINE "NON ANDARE A VOTARE".

Hotel, cene, dopofestival: le spese pazze del Pd

Ecco come la sinistra usa i finanziamenti pubblici: 2 milioni di euro per alberghi, viaggi e ristoranti.
 
Soldi per Sanremo. 3 mln per la sede di Roma

Il leader dei principali partiti, in coro, hanno spiegato che abolire i finanziamenti pubblici sarebbe "un dramma". Così, unanimi, Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pierferdindando Casini. E a rincarare la dose la dichiarazione rilasciata al Fatto Quotidiano dal tesoriere del Partito Democratico, Antonio Misani, che ha spiegato come senza la rata di luglio i partiti sarebbero destinati a soccombere.

Viaggi, ristoranti, alberghi - E sempre il Fatto Quotidiano, riprendendo una analisi di MicroMega, mette in evidenza come il Pd abbia utilizzato questi fondi pubblici senza i quali, parola di tesoriere, il partito "morirebbe". Il Pd ha 43 milioni di euro di disavanzo, anche se dal 2008 al 2011 ha ricevuto completamente 200 milioni di euro di rimborsi elettorali. Ed ecco, dunque, quali sono le voci del bilancio democratico 2010 che più saltano all'occhio. Per primo il capitolo viaggi, ristoranti, alberghi: le spese di rappresentanza scollinano i 2 milioni di euro (2.165.138 euro).

Spese pazze per la sede - Per la sede nazionale in via del Nazareno a Roma il Pd sborsa una cifra esorbitante: 3 milioni di euro, dei quali 1.783.000 per la regolazione di "poste pregresse". Poi, nemmeno si trattasse della segretissima Area 51 in Nevada, per vigilanza, assicurazioni e pulizia della sede del partito vengono spesi ben 1.862.000 euro. Quindi gli stipendi: 12 milioni di euro per 173 dipendenti, 17 giornalisti e 12 collaboratori, ai quali si devono aggiungere 1.460.000 euro per collaborazioni e consulenze.

Il dopofestival - Per la campagna elettorale se ne sono andati altri 20 milioni di euro. Quindi le spese 'comiche', racchiuse in due paginette, ossia iniziative quali "1000 piazze" o il "dopofestival a Sanremo". Ma le 'chicche' non sono certo finite: dal bilancio 2010 del Pd emerge che 5 milioni di euro sono stati accantonati per le "iniziative volte ad accrescere la partecipazione delle donne". Come questi 5 milioni siano stati poi utilizzati è un mistero.

lunedì 16 aprile 2012

Triggiano: nuovo attentato incendiario, nel mirino una salumeria

A meno di una settimana dalla bomba carta che distrusse una pizzeria in via Petrarca, nella notte nuovo incendio di probabile origine dolosa: nel mirino una salumeria di via Roma.

Invia ad un amico LuogoTriggianoNuovo attentato incendiario la notte scorsa scorsa a Triggiano. A meno di una settimana di distanza dall'ordigno rudimentale che ha distrutto una pizzeria in via Petrarca, la notte scorsa un nuovo incendio è divampato in una salumeria di via Roma. Sul posto sono intervenuti vigili del fuoco e forze dell'ordine, che hanno avviato indagini per fare chiarezza sull'accaduto. Ingenti i danni al negozio.

Quello della notte scorsa, è il terzo episodio simile verificatosi a Triggiano negli ultimi due mesi.

Già a marzo, infatti, un'altra bomba aveva distrutto l'ingresso di un bar.



venerdì 13 aprile 2012

Sciacallaggio Cattolico, anche la Curia usa due pesi e due misure, perchè la stessa misura di prevenzione non è stata adottata anche in altre parti dell'Italia? Per esempio, Triggiano (Ba).

Foto Sacerdote si candida alle comunali e viene sospeso



Il prete non puo' celebrare ne' Sacramenti ne' Sacramentali

Sacerdote si candida alle comunali e viene sospeso

La decisione viene presa dalla Curia vescolive di Isernia


Campobasso - Si candida alle comunali e viene sospeso dalla Curia. Don Vincenzo Chiodi ha deciso di candidarsi alle elezioni comunali di Isernia nella lista di Guerriero Sannita. Nonostante il parere contrario del Vescovo, il sacerdote non ha ritirato la canditatura e per risposta ha ricevuto una sospensione a divinis. La decisione della Curia vescovile di Isernia precisa: "Per effetto di tale pena sia nella Diocesi di Isernia-Venafro che altrove, non potrà celebrare l'Eucaristia, né i Sacramenti e i Sacramentali, non potrà predicare e porre in essere atto legato al Sacro Ministero".




Vendola indagato anche nell'inchiesta sull'ospedale Miulli

BARI - Nuova tegola giudiziaria per Nichi Vendola, a distanza di 24 ore. Al governatore della Puglia e leader di Sel è stata oggi notificata dal gip di Bari la proroga delle indagini preliminari su una transazione da 45 milioni non conclusa tra Regione Puglia e l'ospedale ecclesiastico Miulli di Acquaviva delle Fonti (Bari).

Oltre a Vendola - che ieri ha annunciato di essere indagato con l'accusa di aver raccomandato l'assunzione di un primario - in quest'inchiesta sono coinvolte altre sei persone tra le quali gli ex assessori regionali alla Sanità Alberto Tedesco (ora senatore) e Tommaso Fiore, il vescovo della diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, mons.Mario Paciello (in qualità di governatore dell'ente ecclesiastico) e il direttore dell'ospedale, don Mimmo Laddaga. I reati ipotizzati, a vario titolo sono abuso d'ufficio, falso e peculato. Vendola risponde di tutti e tre. L'inchiesta riguarda il dietrofront della Regione dopo l'approvazione di una delibera di giunta che accettava di liquidare al Miulli 45 milioni di euro.

La vertenza è relativa al periodo 2002-2009 per il quale l'ospedale avrebbe sostenuto costi non rimborsati dalla Regione, ben 76 milioni di euro per costruire la nuova sede. La vicenda giudiziaria ruota proprio attorno alla delibera di giunta con la quale nel marzo 2009 la Regione accettò di liquidare i 45 mln, quasi tre in più rispetto a quelli richiesti dall'ente ecclesiastico per crediti vantati dal 2002 al 2007. La trattativa era stata avviata da Tedesco. Dopo le sue dimissioni, in seguito al sorgere degli scandali sulla malasanità, a portarla in giunta per l'approvazione fu il suo successore, Fiore, lo stesso che poi ne ha deciso l'annullamento in autotutela.

Nel maggio 2010, infatti, Fiore - è detto nella delibera di annullamento della transazione datata 5 luglio 2010 - «ha ritenuto utile esplorare la possibilità di sostanziare un accordo di programma 'stralciò finalizzato al finanziamento delle opere relative al plesso ospedaliero dell'ente ecclesiastico, previa sottoscrizione di un protocollo di intesa tra i ministeri competenti e lo stesso Miulli».

Gli accertamenti della magistratura barese riguardano la delibera annullata e il contenzioso con l'ospedale finito davanti al Consiglio di Stato che sta costringendo la Regione a restituire all'ente ecclesiastico decine di milioni di euro. Dopo il dietrofront della Regione sulla transazione, infatti, la richiesta lievitò fino a 175 milioni più 17 di danni. Nel procedimento amministrativo sinora al Miulli sono stati concessi 45 milioni, pari all'importo della transazione annullata.

«Dal tenore dell'atto - ha commentato in serata Vendola - non sono in grado di capire ciò che mi sarebbe addebitato», sottolineando che si «tratta di un procedimento penale del quale non avevo mai avuto alcuna notizia».
«Sono rammaricato - ha aggiunto - di aver ricevuto solo oggi questa notizia, perchè se la stessa mi fosse stata comunicata appena ventiquattrore prima, come è nel mio costume, avrei potuto informare la stampa e l'opinione pubblica in una unica soluzione».



giovedì 12 aprile 2012

| Sanità, chiude anche il filone accreditamenti 46 indagati con Tedesco

BARI - La guardia di finanza di Bari sta notificando da questa mattina 47 avvisi di conclusione indagini ad altrettanti funzionari ed ex dirigenti della sanità pugliese. Si tratta del cosiddetto "filone degli accreditamenti", ormai l'ultima tranche dell'ampia inchiesta sulla sanità regionale iniziata con l'incriminazione di Gianpaolo Tarantini e del suo sistema di tangenti.
Tra i 47 indagati figurano l'ex assessore regionale alla sanità, Alberto Tedesco, e l'ex direttore generale dell'agenzia regionale per la sanità (Ares), Mario Morlacco. L'indagine della procura giunta a conclusione puntava a far luce sul sistema degli accreditamenti della sanità privata in Puglia. Ora gli indagati hanno venti giorni di tempo per proporre le proprie eccezioni, e poi spetterà alla procura formulare al gip le eventuali richieste di rinvio a giudizio.



"Gravi indizi contro Tedesco capo di una cupola sulla Sanità"
Sanità, nuova bufera sulla Regione
Tedesco e altri 46 indagati per gli accreditamenti

Liste d'attese falsificate, criticità inesistenti, favori ai privati.

Notificati gli avvisi di conclusione delle indagini all'ex assessore e ai funzionari pubblici coinvolti nella maxi inchiesta sulle convenzioni concesse alle cliniche private.

Falsificavano i dati delle liste d'attesa. Segnalavano criticità laddove invece non ce n'erano. Non avrebbero pensato alla salute dei cittadini quanto piuttosto alle esigenze degli imprenditori che aprivano cliniche private. E' questa la nuova accusa che la procura di Bari (che indaga anche su Nichi Vendola per concorso in abuso d'ufficio nella nomina di un primario) muove alla gestione della sanità pugliese negli ultimi anni: stamattina sono stati notificati 47 avvisi di conclusione delle indagini a politici, dirigenti dell'assessorato alla Sanità e imprenditori. Le accuse vanno a vario titolo dall'associazione a delinquere ai falsi.

Tra gli indagati c'è l'ex assessore regionale alla Sanità, Alberto Tedesco, oggi senatore del Gruppo Misto, Mario Morlacco, ex dirigente dell'Ares, l'agenzia per la Salute, e Lucia Buonamico, dirigente del settore che si occupa per la Regione degli accreditamenti con le cliniche private. L’ipotesi di reato è che la giunta regionale abbia concesso convenzioni a strutture sanitarie che non ne avevano i requisiti, e la procura procede per associazione a delinquere. E che lo abbiano fatto sulla base di premesse false. La giunta sarebbe però stata indotta in falso dalle strutture regionali e da alcuni assessori compiacenti, tra cui appunto l’assessore Tedesco, che invece avrebbero avuto interessi all’accreditamento della clinica. L’inchiesta parte dalla clinica Kentron di Putignano, oggetto di una lunga inchiesta del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza coordinata dall’allora pm (oggi assessore) Lorenzo Nicastro.
L’indagine, che partendo dall’imprenditore Ritella sfiorava i vertici del Partito democratico, aveva portato al sequestro e poi al dissequestro della clinica (che poi aveva ottenuto un nuovo accreditamento, avendo messo le carte a posto). Quell’inchiesta non era però mai stata chiusa ed è finita, dopo l’andata di Nicastro, sulla scrivania dei pm Francesco Bretone e Marcello Quercia. Il fascicolo è stato ripreso, incrociato con stralci dell’indagine effettuata dai carabinieri che si erano occupati del senatore Tedesco, aggiornato in alcuni punti. E l’indagine è rinata tanto da raccontare in maniera assai efficace - dicono gli investigatori - il reale intreccio tra politica e macchina amministrativa. Un intreccio che ha permesso a imprenditori privati di arricchirsi alle spalle delle casse regionali e spesso della salute dei cittadini. L'avviso è firmato dal procuratore aggiunto Giorgio Lino Bruno e dai sostituti Desirè Digeronimo e Francesco Bretone, gli stessi che si sono occupati dell'inchiesta sul presidente Vendola.


Ma siamo a Triggiano o a Kabul?

Sarà un caso se in pochi giorni una bomba è esplosa davanti a un bar in via Petrarca, proprio di fronte alla scuola elementare S. Giovanni Bosco, e oggi è toccato a una pizzeria nella stessa via, a meno di cinquanta metri dal precedente obiettivo?

Oltre a questi episodi, e senza voler star qui a ricordare i purtroppo quasi quotidiani furti di auto e in appartamento, nonché i vigliacchi borseggi, nelle vicinanze degli uffici postali, ai danni di malcapitati pensionati che, dopo aver aspettato tanto l’arrivo del giorno di pagamento, si ritrovano senza soldi e con traumi e ferite, a volte anche a rischio della stessa vita, ultimamente, la nostra città è balzata agli onori delle cronache anche per casi di spaccio(vedasi gli articoli Minorenne arrestato per spaccio a Triggiano del 25 gennaio 2012 e Spacciava droga nella roulotte, in manette 25enne a Triggiano del 25 marzo 2012) e attività poco imprenditoriali e molto criminali (leggasi Triggiano: centro benessere a "luci rosse", arrestato il titolare del 27 maggio 2011).

Tutti accadimenti da non sottovalutare e sui quali riflettere anche perché, come si suol dire, è meglio prevenire che curare. Sarebbe il caso, quindi, che il nostro sindaco dott. Vincenzo De Nicolò apra un tavolo sulla sicurezza della nostra città invitando il Ministro degli Interni, il Prefetto e i vari responsabili delle Forze dell’ordine.

Gli attentati, tanto per rimanere sugli ultimi fatti di cronaca, preoccupano e non poco. Come è potuto succedere che due bombe esplodano in pieno centro a breve distanza di tempo e di spazio l’una dall’altra? Sarà per un mancato controllo del territorio da parte delle Forze dell'ordine? È in atto un regolamento di conti? … oppure la malavita è in fase di riorganizzazione?

Di sicuro una cosa è certa, la popolazione triggianese ha paura: pensa di vivere in un’altra parte del mondo anche se, a ben guardare, la frequenza di questi episodi non è tale nemmeno in paesi come l’Afghanistan!




Triggiano: bomba nella notte, distrutta una pizzeria.
L'attentato incendiario in un locale nei pressi della villa comunale. A provocare il rogo, di probabile natura dolosa, una bomba carta lanciata contro la saracinesca del locale.

Un incendio è divampato nella notte in una pizzeria di Triggiano, in via Petrarca, nei pressi della villa comunale. Il rogo, quasi certamente di natura dolosa, si è sviluppato intorno alle tre. Ad allertare i vigili del fuoco alcuni residenti della zona, che hanno raccontato di aver sentito un forte boato. Si ipotizza infatti che a provocare le fiamme sia stata una bomba carta lanciata contro la saracinesca del locale, che è stata completamente divelta e distrutta. L'esplosione ha mandato in frantumi i vetri di alcuni abitazioni vicine e di alcune auto parcheggiate nella zona. Non si registrano danni a persone.



INCENDIATA UN’AUTO TRA I TENDONI NEI PRESSI DEL CIMITERO

E’ successo ieri sera intorno alla 21:00. Una pattuglia del locale Consorzio di Vigilanza ha notato un incendio nella campagna a poco più di cento di metri dal cimitero. Era un’auto che bruciava nel passaggio tra due tendoni di uva da tavola. L’auto, un’Alfa 147 di proprietà di un giovane di Triggiano è risultata rubata l’altro ieri mattina sempre a Triggiano.

Non si sa per quale motivo i ladri si siano trovati a passare da Rutigliano. Probabilmente percorrevano la circonvallazione e avranno imbroccato la strada che porta al cimitero proprio con l’intenzione di disfarsi dell’auto incendiandola. Sono intervenuti i Vigili del Fuoco di Bari che hanno spento l’incendio e recuperato la targa. Per i carabinieri, sul posto anche loro, è stato facile risalire al proprietario.

Per fortuna i due tendoni non avevano teli di plastica, per come l’auto era vicina l’incendio avrebbe potuto propagarsi facilmente. Il fuoco ha bruciacchiato qualche ceppo e un po’ tubi di irrigazione.





Triggiano: ruba paletti metallici, in manette sorvegliato speciale


TRIGGIANO (BA). I Carabinieri della Stazione di Triggiano hanno arrestato un sorvegliato speciale 45enne con l’accusa di furto aggravato e violazione degli obblighi relativi alla misura cui è sottoposto. I militari, intervenuti in contrada “Lame”, hanno sorpreso e bloccato l’uomo, a bordo della sua bicicletta, mentre tentava la fuga con 9 paletti in metallo appena asportati da un impianto di irrigazione della zona. La refurtiva, interamente recuperata è stata restituita all’avente diritto mentre il 46enne, su disposizione della Procura della Repubblica di Bari, è stato associato in regime di arresti domiciliari presso la sua abitazione.


Vendola indagato avrebbe favorito nomina di rimario
La frase: «Ti copro io»

Accusa partì da Lea Cosentino

 
BARI – Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, è indagato per concorso in abuso d’ufficio per aver favorito la nomina di un primario. Lo ha reso noto poco fa lo stesso Vendola che ha convocato una conferenza stampa d’urgenza.La nomina in questione è quella che riguarda il prof.Paolo Sardelli, primario di chirurgia toracica all’ospedale 'San Paolò di Bari. Vendola ha detto ai giornalisti di aver ricevuto oggi dalla procura, tramite i militari della Guardia di finanza, un avviso di conclusione delle indagini. Nella stessa indagine figura anche la ex dirigente dell’Asl di Bari Lea Cosentino, divenuta nota come Lady Asl in inchieste riguardanti l’imprenditore 'Gianpì Tarantini, ma sinora rinviata a giudizio in un solo procedimento. Il reato contestato a Vendola e Cosentino è il concorso in abuso d’ufficio continuato. Tre i pm inquirenti: il procuratore aggiunto Giorgio Lino Bruno e i pm Desirè Digeronimo e Francesco Bretone.

Secondo la procura, Vendola e Cosentino sono indagati per aver dal 25 settembre 2008 al 19 aprile 2009 “Cosentino Lea, nella qualità di direttore generale della Asl Bari, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, su istigazione e determinazione di Vendola Nicola, presidente della Regione Puglia, in violazione dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, dell’art.15 d.leg.vo 30 dicembre 1992 n.502, dell’art.15-ter d.leg.vo 19 giugno 1999 n.229 e dell’art.10 della legge regionale 3 agosto 2006 n.25, intenzionalmente procurato a Sardelli Paolo un ingiusto vantaggio patrimoniale”, favorendolo per “l'incarico quinquennale di Direttore medico della Struttura complessa di chirurgia toracica del presidio ospedaliero San Paolo”.

VENDOLA: MI DICHIARO ASSOLUTAMENTE SERENO

“Mi dichiaro assolutamente sereno, come sempre in passato. Perchè ogni mia azione è stata sempre improntata a garantire la trasparenza”. Lo ha detto poco fa il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, nella conferenza stampa nella quale ha dato notizia di essere indagato.

“Credo che se c'è un tratto che ha contraddistinto in tutti questi anni la mia azione, – ha detto Vendola – è stata sempre quella di garantire la tutela dell’interesse pubblico, del diritto alla salute, la tutela della trasparenza e del buon andamento della pubblica amministrazione”.

“Da questo punto di vista – ha aggiunto il presidente della Regione Puglia – consideravo importante, essendo stato depositario di questo atto, darne conto alla stampa”.

«SONO ACCUSATO SOLO DA LEA COSENTINO»

Nella conferenza stampa Vendola ha spiegato che «l'accusa nasce solo e soltanto dalle dichiarazioni della dottoressa Lea Cosentino». Quest’ultima, ha spiegato il presidente della Regione Puglia, «asserisce che all’origine di questa mia veemente interferenza ci sarebbe la mia amicizia con il professor Paolo Sardelli, elemento questo che è stato già autorevolmente smentito nei mesi scorsi dal professor Sardelli che ho conosciuto per essere una vera promessa della scienza medica». Ma «io – ha precisato Vendola - a questo concorso, come a tutti i concorsi, mi sono interessato nella misura di chiedere che fossero concorsi veri, che avessero una platea credibile di partecipanti e che potesse vincere il migliore».

“Chiunque, qualunque direttore generale sa che i miei unici interventi, rari, relativamente ai concorsi sono stati sempre mirati alla raccomandazione che potesse vincere il migliore”, ha continuato Vendola. E nell’ambito di questa indagine – ha ribadito – “si appura che effettivamente il professor Sardelli era comunque il migliore”.

“Cioè non viene messa in dubbio la qualità. Chi mi accusa? Mi accusa – ha proseguito Vendola – la dottressa Cosentino sulla base di sue dichiarazioni rese tre mesi fa, non suffragate da nessuna altra prova, nessuna altra documentazione”. “Mi accusa - ha detto ancora – una persona animata da forte risentimento nei miei confronti, avendola io licenziata al momento del suo coinvolgimento nelle inchieste sulla malasanità”. “La dottoressa Cosentino – ha detto Vendola – è comprensibilmente animata da rancore nei miei confronti, tanto animata da rancore che ha fatto causa recentemente alla Regione chiedendo un risarcimento di tre milioni di euro”.

VENDOLA, IN ATTO VIRGOLETTATI RIFERITI DA LADY ASL

“Nell’atto di chiusura delle indagini ci sono dei virgolettati che più o meno sono questi: 'Non preoccuparti ti copro iò e 'Questa cosa la devi fare a tutti i costi... deve vincere per forza Sardellì. Questi virgolettati non sono attribuibili a me, ma sono attribuibili alla dottoressa Cosentino che liberamente descrive i fatti secondo la sua memoria”. Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, parlando con i giornalisti.

“Non sono intercettazioni, sono frasi – dice Vendola – che la Cosentino dice nell’interrogatorio reso a gennaio scorso. Due, tre mesi fa”. A chi gli ha chiesto se ci sono altri indagati, Vendola ha poi risposto: “Siamo soltanto io e la Cosentino. La Cosentino come autrice di un abuso d’ufficio e io come istigatore dell’abuso d’ufficio. Senza le frasi specifiche che pronuncia la Cosentino nell’interrogatorio non si sarebbe potuto prefigurare un capo di imputazione nei miei confronti”.

VENDOLA CITA FRASI GIP E TARANTINI

“Permettete – ha detto Vendola ai giornalisti – che io legga quello che scriveva un gip in una richiesta di archiviazione: 'Quanto alla posizione del presidente Vendola, gli stessi commenti che formulano i soggetti interessati, Tedesco e Lea Cosentino, dimostrano l’assenza non solo di condotte, ma ancor prima di finalità e obiettivi dell’azione politica che possano in qualche modo dimostrare l’esercizio di pressioni e condizionamenti dell’attività istituzionalè”.

“Ricordo – ha aggiunto – una frase molto significativa pronunciata, confermata, dal principale imputato nelle indagini sulla malasanità, Giampaolo Tarantini. La frase diceva così: 'La dottoressa Cosentino era terrorizzata dal fatto che Vendola potesse sapere che commetteva illecitì”. “Questo è il quadro reale. Sono anni – ha detto Vendola – di attività investigative, di ascolto di intercettazioni”.

VENDOLA: RINGRAZIO SARDELLI PER SUO CONTRIBUTO

“Vorrei ringraziare il professore Sardelli, non solo per essere una delle più autorevoli eccellenze sanitarie nella nostra Regione, ma per aver portato nell’ospedale San Paolo, territorio di frontiera, il suo talento, per aver sperimentato tecnologie di avanguardia, per essere diventato un punto di riferimento internazionale”. Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, che proprio per la nomina di Paolo Sardelli a primario di chirurgia toracica nell’ospedale San Paolo di Bari, è indagato per concorso in abuso d’ufficio.

Vendola ha poi ribadito “che conoscevo per chiara fama” il professor Sardelli, “per essere una vera promessa nell’ambito della scienza medica”.

LEGALE COSENTINO: FIDUCIA IN PROCURA

“Assoluta fiducia nell’attività della magistratura acchè venga chiarita ogni circostanza relativa ai fatti contestati alla dottoressa Cosentino, nella consapevolezza che la stessa ha sempre avuto un atteggiamento leale e sincero nei confronti degli inquirenti”: è quanto esprime l’avvocato Massimo Chiusolo, difensore dell’ex direttore generale della Asl di Bari Lea Cosentino, in relazione all’inchiesta che vede il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola e la stessa Cosentino indagati per concorso in abuso d’ufficio per la nomina di un primario all’ospedale San Paolo di Bari.

“L'auspicabile sollecita celebrazione del processo - aggiunge Chiusolo – consentirà di accertare l’onestà e la correttezza dell’agire della dottoressa Cosentino e di chiarire se, nella vicenda in esame, siano state realizzate condotte antigiuridiche e chi ne sia l’autore in maniera diretta o mediata”.

GASPARRI IRONICO: COMPLIMENTI RAPIDITA' INCHIESTA

“Sono esterrefatto per la rapidità con la quale la Procura di Bari ha indagato il presidente Vendola, tanto più che le vicende della sanità pugliese sono note da anni. Complimenti”. Il presidente del gruppo PdL al Senato Maurizio Gasparri ironizza, in una nota, sull'annuncio delle indagini sul presidente della Puglia.

PDL: DA ANNI CHIESTA TRASPARENZA

Sull'inchiesta riguardante la nomina del primario Paolo Sardelli all’ospedale San Paolo di Bari «sarà la magistratura ad accertare eventuali illeciti penali», ma dal punto di vista politico «sono anni che denunciamo con comunicati stampa e interventi in aula le tante opacità nella gestione della sanità pugliese e nelle nomine dei primari e che proponiamo in Consiglio regionale norme per rendere più trasparenti i concorsi. Puntualmente bocciate». Così il capogruppo del Pdl nel consiglio regionale della Puglia, Rocco Palese, commenta in una nota la notizia che il presidente della Regione, Nichi Vendola, è indagato per concorso in abuso d’ufficio per la nomina del primario Sardelli.

«Premesso che siamo garantisti convinti – aggiunge Palese - e che, a differenza di altri, restiamo tali anche quando le inchieste riguardano esponenti di punta della sinistra, come il presidente Vendola, non possiamo non ricordare che in circostanze molto simili a questa, alcuni assessori, proprio della giunta Vendola, sono stati dimissionati».

DI PIETRO: VENDOLA? OK, CHI INNOCENTE VA DA GIUDICE

“Vendola ha fatto sapere di essere indagato? Bene, così si deve fare, tutti possono essere chiamati dal magistrato ma chi è innocente e non ha nulla da temere ci va di corsa, come ha fatto anche Maroni oggi e io nel 96“: così Antonio Di Pietro leader di Idv a Skytg24.
“L'idea secondo cui ogni volta che qualcuno viene indagato sia da attribuire a un complotto non sta in piedi. Quando uno è innocente corre dal magistrato se invece hai messo le mani nella marmellata vai in Parlamento per non essere processato”.






giovedì 5 aprile 2012

Il Papa ai preti austriaci  "Disobbedienza non è via per rinnovamento"IL CASO: Il Papa ai preti austriaci






"Disobbedienza non è via per rinnovamento"Nel corso della messa  del Crisma Benedetto XVI risponde all'appello lanciato dal movimento di monsignor Helmut Schueller che chiede anche l'ordinazione per le donne.

 E poi avverte: "Situazione spesso drammatica della Chiesa di oggi, sacerdoti si interroghino"

CITTA' DEL VATICANO - "La disobbedienza", la richiesta di "ordinazione delle donne" non sono "una via per rinnovare la Chiesa", resta la necessità di "conformarsi a Cristo anche "nella situazione spesso drammatica della Chiesa di oggi". Così il Papa, nel corso della messa del Crisma celebrata nella basilica di San Pietro, ha fatto riferimento al movimento dissidente dei preti austriaci, circa 300, che hanno sottoscritto un documento in favore della disobbedienza e chiesto riforme radicali alla Chiesa. Il movimento nato in Austria ha poi raccolto consensi in Germania, Irlanda, Belgio.

"Di recente - ha infatti affermato il Pontefice - un gruppo di sacerdoti in un Paese europeo ha pubblicato un appello alla disobbedienza, portando al tempo stesso anche esempi concreti di come possa esprimersi questa disobbedienza, che dovrebbe ignorare addirittura decisioni definitive del Magistero - ad esempio nella questione circa l'ordinazione delle donne, in merito alla quale il beato Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato in maniera irrevocabile che la Chiesa, al riguardo, non ha avuto alcuna autorizzazione da parte del Signore". "La disobbedienza - ha aggiunto Ratzinger - è una via per rinnovare la Chiesa? Vogliamo credere agli autori di tale appello, quando affermano di essere mossi dalla sollecitudine per la Chiesa; di essere convinti che si debba affrontare la lentezza delle Istituzioni con mezzi drastici per aprire vie nuove - per riportare la Chiesa all'altezza dell'oggi. Ma la disobbedienza è veramente una via?".

Il movimento di Helmut Schueller. Il movimento al quale il Papa fa riferimento è quello guidato da monsignor Helmut Schueller, 59 anni, parroco di St. Stephan nel villaggio di Probstdorf. In passato è stato presidente della Caritas austriaca e vicario generale del cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schoenborn. La sua fama, però, nasce dopo quando, finito il sodalizio con Schoenborn, nel 2006 lancia la 'Pfarrer-Initiative', la iniziativa dei parroci, un "appello alla disobbedienza" che chiede, tra l'altro, il sacerdozio femminile, la comunione ai divorziati risposati, l'abolizione dell'obbligo del celibato, l'apertura ai laici. Insomma, riformare la Chiesa. All'inizio solo pochi sacerdoti seguono Schueller. Poi la protesta si ingrossa. Firmano l'appello decine, poi centinaia di preti. Oggi sono 400, pari a un decimo del clero austriaco. E un recente sondaggio della Gfk-Umfrage ha rilevato che il 72% dei preti austriaci "simpatizza" con l'appello.



martedì 3 aprile 2012

Sciacallaggio dei nostri amministratori " Ladroni e ben pagati"  grazie al nostro Presidente della Regione Vendola, con l'aumento Irpef, pagheremo la pensione e la liquidazione a questi due ladroni.

IL CASO : Gli esodati della politica dopo il carcere, il vitalizio

I due parlamentari Mele e Frisullo, con notevoli precedenti, hanno fatto domanda e subito ottenuto un'indennità.
ROMA - Al ministro Fornero, in ambasce per trovare una soluzione ai 350mila lavoratori che non sono ancora in pensione e non più al lavoro, consigliamo di dare uno sguardo alla pratica con cui la politica ha trattato due suoi illustri esodati.

Il signor Cosimo Mele, da Carovigno (Bari) ha compiuto il 7 marzo scorso 55 anni di età. Il giorno seguente ha scritto al suo ex datore di lavoro, la Regione Puglia, per vedersi riconosciuto anticipatamente - secondo i criteri di legge - il piccolo assegno vitalizio che gli spetta per contratto avendo egli svolto per lunghi cinque anni - dal 2000 al 2005 - l'incarico di consigliere regionale. La domanda è stata immediatamente accolta e il signor Mele riceverà ogni mese per tutta la sua sperabilmente lunga vita un assegno lordo di 3403 euro. Il ministro, nell'ipotesi di voler approfondire il caso umano, potrebbe chiedere all'onorevole Casini, che lo conosce un pochino meglio, la biografia di Mele. E Casini - magari facendosi aiutare dal segretario Cesa - certamente ricorderebbe che l'Udc lo accolse e lo candidò al Parlamento non volendo fargli pagare un attimo di debolezza per un piccolo malinteso con la magistratura che nel 1999 lo arrestò durante il suo mandato di vicesindaco di Carovigno. Problemi di tangenti, poi appianati. Il partito del leader centrista nulla potè e fu inflessibile quando l'onorevole Mele, molto attivo nella battaglia contro le sostanze stupefacenti e psicotrope e determinato nel tenere alti i valori della famiglia - di certo fondanti la comunità che si ritrova ancora sotto l'antico simbolo scudocrociato - fu scosso dal malore che condusse all'ospedale una di due signorine con le quali Cosimo stava colloquiando in una seduta notturna all'hotel Flora di Roma nel luglio del 2007.

Il triangolo no, e nemmeno la droga! Con questa motivazione l'onorevole Lorenzo Cesa ritenne incompatibile la presenza nell'Udc del deputato tentato dal peccato. E la storia finì. Non senza però che lo stesso Cesa proponesse, e seriamente, un'"indennità contro le tentazioni" per i deputati con moglie a distanza. Un po' di cash in più per alleviare il trauma del distacco sessuale.

La proposta non ebbe successo (forse Cesa potrebbe riproporla a Monti, di cui è grande sostenitore), Mele finì al suo paese e tutti dimenticarono tutto. Mele, da esodato della politica, ha ieri ottenuto la garanzia di non vedere rovinata la propria vita con un lavoro come tutti i mortali. Da qui il vitalizio, che la Regione retta da Nichi Vendola ha immediatamente corrisposto.

Ugualmente triste la vicenda che vede Sandro Frisullo, uno dei politici territoriali sui quali il Pd di Bersani faceva molto affidamento, esodato con un po' di grana in più (10071 euro lordi al mese) dal mondo politico. Bisogna dire che Frisullo era in carriera, ha sostato per ben quindici anni in Regione, ha due anni in più di Mele, quindi è un cinquantasettenne, e ha ogni diritto per vedersi riconosciuto - anche lui in anticipo rispetto alla soglia usuale della pensione - il cash dopo che ha brillantemente risolto il rapporto di stampo gramsciano con il partito. Due anni fa Frisullo fu arrestato per associazione a delinquere. I magistrati lo accusarono di essersi fatto corrompere da Gianpi Tarantini, di essere a suo libro paga (nel 2008 dodicimila euro mensili) e di aver accettato tra i benefit anche confronti ravvicinati con tre ragazze della scuderia, alcune conosciute anche a palazzo Grazioli.

Molto chiasso, molte polemiche, molti dispiaceri per Frisullo. Che ha risolto appunto in questo mese il suo rapporto con la politica. Bersani non gli deve più niente e lui a Bersani nemmeno.
Starà a casa tutto il tempo a guardare le partite di calcio. Cinquemila euro netti al mese nessuno glieli toglierà mai. Che piova o ci sia il sole, con Monti o con Tremonti.

Questa sì che è felicità!