giovedì 29 marzo 2012

www.cristianesimo.it/pedopreti2.htm

PERCHE’ MOLTI PRETI SONO PEDOFILI?

Intervento di uno psicoterapeuta

Sempre più spesso, nonostante la censura di Stato si affanni per impedire la divulgazione di questo genere di notizie, vengono riferiti dalla stampa, ma soprattutto dai siti internet italiani ed esteri, episodi di pedofilia che hanno come protagonisti dei preti.

Che si tratti di una vera e propria “epidemia” lo dimostra anche lo zelante interessamento del signor Giuseppe Ratzinger il quale, qualche anno fa, da cardinale, interveniva con veemenza contro i media americani che “osavano” diffondere questo genere di notizie, che potevano turbare i fedeli e gettare discredito sulla Chiesa cattolica.

Evidentemente già da allora il modello di “informazione corretta” adottato da Ratzinger era quello italiano, enfatico e trionfalistico quando si tratta di osannare il papa, omertoso e mistificatorio quando si tratta di nascondere le malefatte della chiesa o dei suoi funzionari.

La mancanza di pudore da parte del signor Ratzinger giunse persino a fargli teorizzare che, poiché la percentuale di preti con esperienze di pedofilia (che in America viene stimata fra l’1 e il 6%) non sarebbe superiore a quella della popolazione generale (il che è tutto da dimostrare), ciò dovrebbe indurre i giornalisti a considerare del tutto “ovvio” che debbano esistere dei preti pedofili, quantomeno in quantità tollerabile e statisticamente “inevitabile”, al punto da non creare più “inutili” e inopportuni scandalismi di fronte a tali eventi che, sempre secondo Ratzinger, non dovrebbero nemmeno “fare notizia”, essendo in qualche modo già “scontati”.

Ora, ci si potrebbe domandare come mai la Chiesa non ha mai spiegato perché fare il prete cattolico non attenui, o perlomeno non ponga un freno morale, a queste disinvolte tendenze che, non dimentichiamolo, producono veri e propri crimini e non peccatucci veniali. Da coloro che si proclamano predicatori di verità divine nonché strenui difensori di inconsapevoli embrioni, sempre pronti a condannare tutto e tutti, ci si dovrebbe attendere quantomeno un minimo di coerenza e di comportamenti esemplari, ma evidentemente così non è.

Sta di fatto che questo atteggiamento di copertura verso i preti pedofili sarebbe costato a Ratzinger un procedimento giudiziario negli Stati Uniti, per oggettivo favoreggiamento, se non fosse che la nomina a papa ha fatto decadere la possibilità di proseguire l’iter, ed arrivare magari ad una condanna. Questo è avvenuto non in quanto Ratzinger è divenuto capo di una chiesa, ma in quanto “capo di Stato” estero, ovvero del Vaticano, quindi, secondo le leggi vigenti negli USA, “immune” dalla competenza dei tribunali.

Quanto alla situazione americana, vale la pena ricordare che la sola diocesi di San Francisco, in California, ha patteggiato risarcimenti alle famiglie dei bambini vittime di preti pedofili, per ben 21 milioni di dollari. Per tutti gli Stati Uniti le cifre dei risarcimenti si aggirano intorno al miliardo di dollari. Un vero disastro economico per il cattolicesimo americano, che oltretutto non gode di alcun finanziamento pubblico.

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Al di là di queste notizie viene da chiedersi: perché i preti diventano pedofili? Molti penseranno che sia uno degli effetti del celibato forzato, ma se dipendesse semplicemente da questo, dovremmo osservare somiglianze statistiche con analoghe situazioni di castità obbligatoria, cosa che non risulta. Del resto, se la condizione di celibato diventasse insostenibile per il prete, perché non ripiegare nella normale eterosessualità adulta, più o meno clandestina?

No, certamente il comportamento pedofilo non può essere spiegato con la semplice repressione sessuale, nemmeno se esasperata e prolungata negli anni.

Sebbene la pedofilia sia un crimine particolarmente odioso perché colpisce le vittime più indifese e disarmate, va tuttavia detto che essa evidenzia uno stato di regressione psichica da parte di chi la mette in atto.

Un pedofilo non è mai completamente adulto, bensì cerca, a livello inconscio, di rievocare simbolicamente la sua stessa infanzia. La mancanza di maturità sessuale da parte dei preti, che l’esperienza del seminario non ha certo potuto permettere, potrebbe aver “fissato” lo stato evolutivo psichico ad uno stadio preadolescenziale.

Questa interpretazione narcisistica del comportamento pedofilo dei preti sarebbe confermata dall’osservazione dell’età media delle vittime, spesso compresa fra gli 8 e i 12 anni. Va anche sottolineato che nella quasi totalità dei casi si tratta di pedofilia omosessuale, ed anche questo elemento ci fa capire come il prete pedofilo abbia pesanti conflitti da risolvere con sé stesso, con la propria sessualità, con la propria storia e soprattutto con la propria identità.

La pedofilia è comunque un fenomeno estremamente complesso, non è semplicemente espressione di tendenze regressive infantili negli adulti (altrimenti i pedofili sarebbero milioni!).

Va considerato un altro fondamentale aspetto: il rapporto sado-masochistico. Anche qualora non vi sia violenza, è innegabile che il pedofilo, per sottomettere la vittima, faccia leva sul suo potere adulto e sulla sua superiorità fisica e psicologica.

E’ anche evidente che lo scopo del pedofilo non è di procurare piacere, ma di ottenerlo, anche usando la propria preda come fosse un giocattolo inerme. C’è dunque una notevole componente ideologicamente autoritaria nella pedofilia. Un autoritarismo che si esprime come un bisogno di possessivismo morboso, invincibile, da cui non ci si può sottrarre.

E’ estremamente significativo che in molti episodi riportati dalle cronache, si nota che i preti pedofili generalmente non prendono particolari precauzioni per nascondere i propri perversi comportamenti. Nel loro delirio di onnipotenza (che è anch’esso di origine infantile) essi preferiscono contare sulla omertà delle proprie vittime piuttosto che sul mettere in atto i comportamenti devianti in contesti protetti, magari lontano dal proprio ambiente.
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A questo punto possiamo avanzare un’ipotesi che forse dà un senso logico a tutto quanto esposto precedentemente, e che potrebbe almeno in parte spiegare il ricorrente nesso fra comportamento pedofilo e condizione di prete.

Riepilogando, abbiamo analizzato le principali componenti della pedofilia e abbiamo riscontrato regressione, autoritarismo, possessivismo morboso. Guarda caso, si tratta dell’essenza più intima della teologia cattolica!

Il cattolicesimo, fra tutte le religioni del mondo, è infatti quella che offre al popolo il maggior numero di simboli infantili: non a caso il personaggio più proposto, più venerato, più rappresentato e rispettato è una mamma. Poi, proprio come si fa con i bambini, vengono continuamente propinate promesse, minacce, premi e punizioni. Raramente, o forse mai, si parla di responsabilità personale o di libere decisioni, quelli sono comportamenti troppo adulti, i cattolici possono solo osservare, seguire, credere, aderire, obbedire, confessare, pentirsi, ecc.

Sempre a proposito di regressione infantile, si osservi che il principale rito cattolico, nonché il comportamento più meritorio e sacro, è un comportamento “orale”, cioè l’eucarestia. Che i buoni cristiani debbano fare la comunione tutte le domeniche ricorda incredibilmente un vecchio luogo comune: “i bambini buoni mangiano tutta la pappa”. Non solo: nella liturgia cattolica si insiste, non a caso, sul fatto che l’ostia debba essere “imboccata” dalle mani del sacerdote, e non presa in mano dall’adepto. Come accade con una mamma che nutre un bambino che non sa ancora tenere in mano il cucchiaino.

Pochi hanno notato che, a suo tempo, ci fu un richiamo di papa Wojtyla proprio su questo argomento, ovvero dell’ostia “imboccata” dal prete, dato che molte chiese si stavano disinvoltamente protestantizzando su questa formalità apparentemente insignificante, distribuendo ostie direttamente nelle mani dei fedeli. Ma alla chiesa certi dettagli non sfuggono, perché ne conoscono l’enorme portata psicologica.

Ed è infatti così che la chiesa vuole che siano i suoi sottoposti: inermi, inconsapevoli, bambini che si abbandonano ciecamente nelle mani di una autorità protettiva e consolatoria. Bambini che non sanno nemmeno usare le proprie mani. Guarda caso, anche i pedofili hanno bisogno di soggetti passivi ed inconsapevoli. Curioso vero?

Sta di fatto che il bambino stuprato, vittima del pedofilo, magari del prete-pedofilo, è quindi una metafora del cattolico perfetto: sottomesso, timoroso, silenzioso, fiducioso che ciò che accade è per il suo bene.

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Il prete pedofilo non cessa dunque di essere prete (“Tu es sacerdos in aeternum”), anzi, forse esprime nella forma più eloquente ed esplicita quella ideologia che la sua mente ha assorbito da anni e anni, finendo per identificarsi con essa. Avete notato? I preti pedofili se scoperti non lasciano mai il sacerdozio, a differenza dei preti che hanno avuto delle “banali” relazioni con donne. Inoltre, difficilmente vengono sospesi dalle celebrazioni religiose, tutt’al più vengono trasferiti “per non dare scandalo”.

Ora sappiamo perché: la pedofilia esprime in realtà ruoli e significati profondamente ed intimamente “cattolici”, sebbene il prete pedofilo abbia il paradossale ruolo di essere contemporaneamente vittima (sia dei suoi problemi personali che di una ideologia oggettivamente nociva per l’equilibrio psichico) e carnefice (perché commette abusi senza preoccuparsi dei danni indelebili che procura agli altri).

La dinamica “prete pedofilo-bambino” è dunque una efficace metafora del rapporto fra la chiesa e i suoi fedeli, fra l’istituzione possessiva e autoritaria, e i suoi seguaci ingenui e “bambini”.

Tra l’altro la chiesa, battezzando bambini inconsapevoli, e indottrinandoli sin dalla scuola materna, a ben vedere mette in atto le stesse tecniche di adescamento usate dai pedofili, che infatti fondano la loro seduzione proprio sulla non conoscenza, sulla non consapevolezza e persino sul senso di timore riverenziale che la vittima avverte “dopo” l’avvenuto “battesimo” (in questo caso il termine va interpretato con un doppio senso).

In entrambi i casi, questi bambini “vittime” (sia di pedofili che di chiese pedofile) sanno provare solo sensi di colpa, e non l’opportuno e sacrosanto diritto alla propria integrità mentale e fisica. Infatti, come tutti gli psicoterapeuti sanno bene per esperienza professionale, ricevere una educazione rigidamente cattolica non lascia minori conseguenze negative nella personalità rispetto agli effetti dei traumi psicologici che derivano dal subire episodi di pedofilia. Anzi forse questi ultimi, essendo tutto sommato più circoscritti, possono essere superati più facilmente.

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Un’altra analogia simbolica fra pedofilia e cattolicesimo la troviamo, nientemeno, nella messa. Che cos’è la messa? La rievocazione del sacrificio di una vittima innocente! Il rito del cosiddetto “agnello” che viene sacrificato sull’altare “per l’espiazione dei nostri peccati”.

Un prete, dunque, che celebra la messa, drammatizza simbolicamente (per la teologia cattolica addirittura materialmente) il “sacrificio di una vittima innocente”. Potremmo paradossalmente dire che anche i pedofili “sacrificano vittime innocenti”. Questo è molto importante perché è il cuore dell’ideologia cattolica. Abituare la propria mente a pensare che sacrificare vittime innocenti sia un rituale sacro, positivo, espiatorio, purificatore e da cui scaturisce il bene, può certamente confondere l’inconscio, “abituandolo” a concezioni sottilmente perverse e sacralizzate.

Il prete pedofilo, stuprando bambini, per quanto spaventoso e deviante possa sembrare, non fa altro che “celebrare una messa”, usando simboli diversi ma evocando significati analoghi, ovvero: la vittima innocente va sacrificata. Il suo sangue non è la prova della violenza umana, al contrario, esso ci “lava” e ci purifica! Del resto, cose simili accadevano anche in molti antichi riti religiosi. Quanti poveri animali sono stati torturati, dissanguati e uccisi affinché i sacerdoti si illudessero, in tal modo, di ripulire sia la propria coscienza che quella altrui!

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Possiamo infine concludere che il pedofilo, sia esso prete o no, è una persona con gravi problemi, che in modo irrazionale, deviante e purtroppo dannoso per gli altri, cerca sé stesso e la sua perduta identità sessuale. Nel caso in cui il pedofilo sia un prete, la situazione è resa ancora più complessa a causa della nefasta influenza psichica di quella teologia che è stata oggetto dei suoi studi, della sua formazione e della sua vita.

L’omertà della chiesa, e le sue solite negazioni dell’evidenza, oltretutto, impediscono a questi preti di essere curati, supportati da specialisti della psicologia, magari portati in psicoterapia. E perché no, studiati di più, affinché si possa tentare di prevenire il continuo ripetersi di questi fenomeni.

Evidentemente la chiesa preferisce tenersi dei preti pedofili, che continueranno a fare vittime innocenti, piuttosto che correre il rischio di confrontarsi con delle menti liberate.









Esempi da non condividere, sono la vergogna del paese chiamata "ITALIA".

"Molestie sessuali in sagrestia" Chiesti i danni anche al vescovo

IL CASO
Chiesti i danni anche al vescovo La Curia di Nardò, e monsignor Domenico Caliandro, citati in giudizio nel processo contro un prete di 35 anni accusato da un ragazzo che si era rivolto a lui per chiedere cibo e vestiti

La Curia di Nardò è stata citata in giudizio in un processo in corso contro un prete accusato di molestie sessuali nei confronti di un giovane immigrato arrivato in Italia dal Marocco. I giudici della prima sezione penale hanno autorizzato la citazione del responsabile civile e per la prossima udienza, fissata per il 6 giugno, e dunque sarà citato anche monsignor Domenico Caliandro, vescovo della diocesi Nardò-Gallipoli. Caliandro, incassando le dimissioni del sacerdote, aveva parlato di "accuse infamanti e ancora tutte da provare", che rappresentavano "una grave prova per un parroco offeso nella dignità personale e onorabilità sacerdotale mai oggetto di segnalazioni da parte dei fedeli circa comportamenti disdicevoli o immorali".

L'accusa di violenza sessuale è stata mossa nei confronti di un prete di 35 anni, originario di Alliste, nel Leccese, ex parroco della comunità di San Gerardo Majella di Nardò, autosospesosi dopo il rinvio a giudizio. A denunciarlo per un episodio che risale al 14 ottobre del 2010 è stato un ragazzo di 27 anni che si era rivolto al prete per chiedere cibo e vestiti. Una volta giunto nella sacrestia però, il sacerdote - secondo quanto raccontato agli investigatori - avrebbe chiuso porte e serrande e avrebbe cominciato a molestarlo sessualmente.

I legali del giovane hanno chiesto ai giudici un risarcimento di danni pari a 20mila euro, chiamando in causa anche la Curia, ritenuta in qualche modo responsabile sul piano civile degli eventuali comportamenti illeciti assunti dal prete all'interno della sagrestia.


"Molestie sessuali in sagrestia"
Chiesti i danni anche al vescovoLa Curia di Nardò, e monsignor Domenico Caliandro, citati in giudizio nel processo contro un prete di 35 anni accusato da un ragazzo che si era rivolto a lui per chiedere cibo e vestiti

martedì 27 marzo 2012

Spacciava droga nella roulotte, in manette 25enne a Triggiano


All'interno del caravan, utilizzato dal giovane come abitazione, i carabinieri hanno rinvenuto numerose dosi di hashish già pronte per lo spaccio e tutto il materiale per il confezionamento della droga.

Nella roulotte utilizzata come abitazione aveva allestito un vero e proprio laboratorio per lo spaccio e il confezionamento della droga. Scoperto dai carabinieri, il giovane spacciatore, un 25enne incensurato di Triggiano, è finito in manette.

Nel corso di una perquisizione i carabinieri hanno rinvenuto all'interno del caravan 88 grammi di hashish, in parte suddivisi in stecchette, insieme a tutto l'occorrente per il confezionamento delle dosi. Addosso al giovane, poi, i militari hanno trovato altri 2 grammi della stessa sostanza. La droga è stata sequestrata, mentre il ragazzo è stato sottoposto al regime di arresti domiciliari con l'accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.



venerdì 23 marzo 2012


Sanità, chiusa indagine sulle convenzioni Regione-privati:
40 indagati

Chiusa dopo cinque anni l'inchiesta sul presunto giro di corruzione nella concessione di convenzioni e accreditamenti alle strutture sanitarie private. Coinvolti dirigenti e funzionari dell'assessorato regionale alla sanità, imprenditori e responsabili legali di cliniche private.

Si concludono con l'iscrizione nel registro degli indagati di quaranta persone le indagini sul presunto giro di corruzione e favoritismi nella concessione di accreditamenti e convenzioni tra Regione Puglia e strutture sanitarie private. Si tratta di uno dei filoni d'inchiesta - avviato nel 2007 - sul malaffare nella sanità pugliese, che vede come principale indagato l'ex assessore regionale Alberto Tedesco.

GLI INDAGATI E LE ACCUSE - Tra i quaranta indagati compaiono i nomi di dirigenti e funzionari dell'assessorato regionale alla sanità, di imprenditori e di responsabili legali di cliniche private pugliesi. Le accuse sono, a vario titolo, quelle di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, al falso, alla truffa e all'abuso d'ufficio.

I SOSPETTI DI IRREGOLARITA' SULLE CONVENZIONI - Il fascicolo d'inchiesta riguarda il business milionario delle convenzioni e degli accreditamenti delle strutture sanitarie private presso la Regione Puglia. Secondo gli inquirenti, dipendenti e funzionari della Regione Puglia avrebbe agito in maniera superficiale e frettolosa al fine di concedere l'accredimento anche a strutture di fatto prive dei requisiti richiesti dalla legge. In particolare, le agevolazioni avrebbero riguardato cinque Rsa (le case di cura private create per ospitare anziani non autosufficienti) non in regola, alle quali alcuni dipendenti regionali avrebbero fatto ottenere l'accredimento entro i termini imposti dalla normativa regionale, ricevendo in cambio regali (borse e orologi 'griffati').

L'AVVIO DELL'INDAGINE - L'indagine aveva preso il via nel 2007 esaminando un presunto conflitto di interessi dell'allora assessore alla sanità della Regione Puglia, Alberto Tedesco (Pd), ora senatore del gruppo Misto, i cui figli sono soci di aziende che operano in campo sanitario. Nell'ambito delle stessa indagine, nel gennaio 2008, la procura fece sequestrare il centro di riabilitazione privata Kentron di Putignano, che pur non avendo - secondo l'accusa - tutte le carte in regola era stato accreditato dalla Regione in tutta fretta, alla vigilia di Natale del 2007.





E POI FANNO I MORALISTI DEL CAZZO......BRUTTA RAZZA..... DIFFIDATE GENTE....DIFFIDATE


ROMA - Una testimonianza-choc, rotta dai singhiozzi, rilasciata davanti alle telecamere, in conferenza stampa: quando il coraggio di parlare arriva, non si ferma. Teodoro Pulvireti, catanese, 37 anni, oggi ricercatore negli Stati Uniti, ha voluto denunciare pubblicamente gli abusi subiti a 14-15 anni, accusando un sacerdote, don Carlo Chiarenza, allora parroco di S.Paolo ad Acireale, successivamente decano della Basilica di S. Sebastiano. E ha fatto ascoltare l'audio di una conversazione fatta qualche tempo fa col religioso, captata a sua insaputa, e altrettanto scioccante: «Mi sentivo sporco», gli dice Pulvireti. «Io - risponde il prete - inseguivo il tuo desiderio di essere voluto bene. E lo facevo non ponendomi limiti. Mi sembrava addirittura di farti del bene, come se tu avessi bisogno di liberarti. È stato un modo di dirti che ti volevo bene». Denunciato, a febbraio, Chiarenza è stato allontanato dal vescovo di Acireale, mons. Raspanti e trasferito in un centro di raccolta spirituale lontano dalla Sicilia. Ora questa registrazione è stata acquisita dalla polizia postale di Catania, che da un mese, su disposizione del pm Marisa Scavo, sta raccogliendo materiale e testimonianze da soggetti sentiti come persone informate sui fatti su questa e altre vicende. «Il mio caso è caduto in prescrizione - afferma Pulvireti - ma ce n'è una decina per cui la giustizia può fare il suo corso. E anche per questo che ho deciso di parlare».

L'azione della magistratura si deve anche all'associazione antipedofilia La Caramella Buona, che ha seguito Pulvireti e ha organizzato l'incontro con la stampa; e al mensile di inchiesta siciliano SMagazine, che per primo ha sollevato il caso. Nel maggio scorso il presidente dell'associazione, Roberto Mirabile - che non esita a parlare di «protezioni» e «scaricabarile tra vescovi», definendo «più virtuale che concreto» l'impegno della Chiesa contro la pedofilia - ha scritto in Vaticano a mons. Charles Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, segnalando i presunti abusi di don Chiarenza. Scicluna ha risposto invitando a «trasmettere tutte le informazioni utili al vescovo» della diocesi di Acireale, mons. Pio Vittorio Vigo. Ma il vero pugno nello stomaco è il racconto di Teodoro: «Avevo quasi 13 anni quando mi sono avvicinato alla parrocchia: don Carlo si comportava come una padre, per me era come un secondo padre ed era anche un amico di papà. C'era un gruppo di giovani più vicino a lui: andavamo insieme in montagna, al mare. A volte ci chiamavano: gli eletti. A circa 14 anni, mentre stavo guardando la tv in sagrestia, per la prima volta mi fece sedere sulle sue ginocchia, mi abbracciò, cominciò a baciarmi e infilare le mani sotto la maglietta. Avvertiva che ero teso: non avevo mai avuto rapporti, nè una ragazza. Quella volta smise. Un giorno, dopo un litigio con mio fratello, sentivo la necessità di sfogarmi: da adolescente ero molto insicuro. Andai da don Carlo e scoppiai a piangere. Lui mise la mia testa sulla sua spalla, iniziò a dirmi 'ti voglio benè, a baciarmi, mise le mani sotto la maglietta e poi più in basso. Capivo che c'era qualcosa di sbagliato, ma non capivo cosa stesse succedendo. Ancora oggi mi condanno per non aver avuto il coraggio di reagire». Dalle sue parole - che hanno commosso il sindaco di Acireale, Nino Garozzo, che gli ha manifestato la sua solidarietà - traspare una situazione di sudditanza psicologica vissuta per anni. «Successe altre volte: mi ero come rassegnato. Quando cercavo di tirarmi indietro, mi tagliava fuori da tutto. E mi diceva: vuoi raccontare tutto? vediamo chi ti crede. Mi sentivo una nullità». In mano Teodoro stringe un rosario: «È quello di mia madre, mi dà forza. Io credo in Dio, ma non posso più credere nella Chiesa».



mercoledì 21 marzo 2012

LO SCANDALO

Sanità, due nuove inchieste a Bari e a Foggia


indagati Tedesco e Marino, terremoto sul PdAccreditamenti e forniture, decine e decine di indagati. Il senatore, ex assessore, coinvolto con altre 44 persone: l’ipotesi di reato è che la giunta regionale abbia concesso convenzioni a strutture sanitarie che non ne avevano i requisiti. E per le forniture nei guai il presidente della commissione sanità alla Regione

Una corsia d'ospedale
Forse è il caso per un momento di non parlare di ostriche e cozze pelose. Perché sul Partito democratico pugliese, e sull’intero governo regionale di centrosinistra, sta per abbattersi qualcosa che è più di una semplice bufera. Il tema è la sanità. Quindi è una storia di soldi. Le inchieste sono due e riguardano i massimi esponenti del partito. La prima nasce dalla procura di Bari. La seconda da quella di Foggia. La prima ha come protagonista principale il senatore Alberto Tedesco, ex assessore alla Sanità. La seconda il consigliere regionale, e presidente della commissione sanità, Dino Marino. Sono entrambi indagati, e con loro altre decine e decine di persone, per lo più dirigenti dell’assessorato e della Asl di Foggia.

Tedesco è indagato con altre 44 persone nella maxi inchiesta sugli accreditamenti delle cliniche. L’ipotesi di reato è che la giunta regionale abbia concesso convenzioni a strutture sanitarie che non ne avevano i requisiti. E che lo abbiano fatto sulla base di premesse false. La giunta sarebbe però stata indotta in falso dalle strutture regionali e da alcuni assessori compiacenti, tra cui appunto l’assessore Tedesco, che invece avrebbero avuto interessi all’accreditamento della clinica. L’inchiesta parte dalla clinica Kentron di Putignano, oggetto di una lunga inchiesta del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza coordinata dall’allora pm (oggi assessore) Lorenzo Nicastro.

LEGGI: A capo di una cupola.  Pdl e Lega salvano il senatore.

L’indagine, che partendo dall’imprenditore Ritella sfiorava i vertici del Partito democratico, aveva portato al sequestro e poi al dissequestro della clinica (che poi aveva ottenuto un nuovo accreditamento, avendo messo le carte a posto). Quell’inchiesta non era però mai stata chiusa ed è finita, dopo l’andata di Nicastro, sulla scrivania dei pm Francesco Bretone e Marcello Quercia. Il fascicolo è stato ripreso, incrociato con stralci dell’indagine effettuata dai carabinieri che si erano occupati del senatore Tedesco, aggiornato in alcuni punti. E l’indagine è rinata tanto da raccontare in maniera assai efficace - dicono gli investigatori - il reale intreccio tra politica e macchina amministrativa. Un intreccio che ha permesso a imprenditori privati di arricchirsi alle spalle delle casse regionali e spesso della salute dei cittadini. La Finanza ha depositato nelle scorse settimane l’informativa finale che ora è al vaglio del procuratore aggiunto Giorgio Lino Bruno, che coordina tutti i fascicoli sulla pubblica amministrazione: sta a lui, insieme con i sostituti, decidere il da farsi.

Assai delicata è anche l’indagine che ha condotto la procura di Foggia con i carabinieri del Nas di Bari. L’indagine è coordinata direttamente dal procuratore Vincenzo Russo ed è una prosecuzione di quella che a dicembre portò agli arresti di sei persone tra medici, imprenditori e dirigenti della Asl. Scavando in quell’inchiesta - e sui computer di alcuni indagati - i carabinieri avrebbero ricostruito una rete di interessi che porta diritto al presidente della commissione sanità della Regione, Dino Marino, che per questo è stato iscritto nel registro degli indagati.

Il reato dal quale è partita l’indagine è di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, falso e truffa ai danni del servizio sanitario nazionale. Al centro dell’indagine ci sono una serie di forniture ospedaliere andate a imprenditori “amici”: il meccanismo era sempre il solito, con la politica che faceva pressione sui dirigenti della Asl e i funzionari che forzavano le pratiche per favorirli. Alla politica si arriva dopo che un anno fa furono arrestati due imprenditori, Raffaele Granatiero e Nazario Di Stefano, il tecnico Giovanni Bruno e Vincenzo Nuzziello, noto imprenditore foggiano e fratello del consigliere regionale Anna Nuzziello. Oggetto dell’indagine era una gara d'appalto deliberata nel 2008 per l'acquisto di attrezzature sanitarie che servivano a marchiare i ferri delle sale operatorie degli ospedali di Manfredonia, Cerignola, San Severo e Lucera, per renderli sempre riconoscibili in caso di furto. L’operazione era costata 208mila euro e secondo la procura era assolutamente inutile. «La gara d’appalto era stata fatta - spiegarono gli inquirenti - senza che, tra l’altro, i direttori sanitari dei quattro ospedali della Asl avessero mai inoltrato alcuna segnalazione circa la necessità e l’urgenza di acquistare la strumentazione, ritenuta non essenziale».

In quell’occasione furono perquisite le abitazioni degli arrestati oltre che gli uffici e la direzione generale della Asl. E proprio quelle perquisizioni avrebbero permesso all’indagine di fare il salto di qualità e di raggiungere il livello politico. Non solo. A casa di Vincenzo Nuzziello furono trovati gli atti del bando di gara, con le offerte delle altre società partecipanti alla gara stessa. Ben cinque ditte (la Css di Foggia, la Medical Shuttle, la Genko Italia, la For Medical e la Effe Multiutility di Urbino) che erano tutte indirettamente controllate da Nuzziello. L’imprenditore, grazie a informazioni che riusciva a ottenere in anteprima sui bandi, creava una serie di società e partecipava da solo al bando in modo tale da essere certo di aggiudicarselo. Un meccanismo che ha ripetuto in diverse occasioni e che ora potrebbe metterlo ancora una volta nei guai.

INIZIATIVA DA PARTE DEL GRUPPO CONSILIARE ANITA MAURODINOIA

domenica 18 marzo 2012

Triggiano: rubano portafogli atte
Rubano il portafogli ad un anziano, coppia di borseggiatori in manette

I due hanno avvicinato l'uomo in un bar di Triggiano, poi approfittando di un suo momento di distrazione, si sono impossessati del portafogli e sono scappati. I carabinieri li hanno identificati e arrestati poco dopo grazie alle descrizioni fornite da alcuni clienti del locale

Un momento di distrazione della vittima, la mano del borseggiatore che si allunga rapida e... voilà: il portafogli in tasca non c'è più, e i due malviventi si dileguano rapidi a bordo della loro auto. E' accaduto ieri in un bar di Triggiano, vittima dell'episodio un anziano, che si è visto sfilare sotto gli occhi il portamonete da una coppia, poi fortunatamente identificata e arrestata.
A mettere i carabinieri sulle tracce dei borseggiatori sono stati gli stessi avventori del locale, che hanno fornito ai militari una descrizione dettagliata dei due malviventi e dell'auto utilizzata per la fuga. Così i due, marito e moglie di 39 e 30 anni, incensurati, sono stati rintracciati poco dopo non molto distante dal luogo del furto, e con in mano ancora il portafogli sottratto all'anziano. La refurtiva è stata restituita alla vittima, mentre per i due coniugi sono stati disposti gli arresti domiciliari.
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Soltanto poche settimane fa, sempre a Triggiano, un'altra coppia è stata arrestata con l'accusa di aver commesso numerosi scippi


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Triggiano: bomba in un bar di via Petrarca la notte del 17 marzo 2012

Via Petrarca a Triggiano

Attentato dinamitardo questa notte in un bar di via Petrarca, a Triggiano. L'esplosione è avvenuta intorno all'1.30 della notte. mandando in frantumi i vetri del locale e distruggendo la saracinesca. Gravemente danneggiate alcune auto parcheggiate nei pressi dell'esercizio commerciale, che si trova a poca distanza da una scuola elementare.

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mercoledì 14 marzo 2012

LA RICERCA

Più testa che porta blindata

come difendersi dai ladriSecondo un'inchiesta di Altroconsumo gli italiani sono pronti a "blindarsi" ma poi quasi un terzo pecca di dimenticanze che rendono inutile ogni sforzo: non chiude la porta di casa o lascia le chiavi nella toppa. Oppure racconta su internet che sta per intraprendere un lungo viaggio. Qualche trucco per evitare brutte sorprese.

Serve più la memoria di un sofisticato sistema di allarme per mettere fuori gioco i topi d'appartamento. I ladri, in crescita mano a mano che la crisi avanza, l'anno scorso hanno tentato 350 mila furti nelle case degli

italiani. Ritrovandosi molto spesso a dover ringraziare per la facilità del colpo più la disattenzione degli inquilini che la loro perizia professionale. A dirlo, cifre alla mano, è un'inchiesta di Altroconsumo che ha sondato abitudini casalinghe, difese domestiche, spese per la sicurezza e memoria di 14 mila padroni di casa.

I distratti. E così, dietro l'anonimato che protegge da futuri disastri e incursioni sgradite ma anche da compagni, mogli o genitori furiosi per l'altrui vaghezza, si scopre che al 23% degli intervistati capita di dimenticate di chiudere la porta a chiave, come dire: uno su cinque. Uno su due, il 48%, lascia invece aperta una finestra, facilitando così l'entrata dei ladri. Ma il record di smemoratezza va senza dubbio a quel 13 % che, forse perché carico di pacchi nelle mani, per la stanchezza dopo una giornata di lavoro, per la frenesia di raggiungere al più presto il divano dove stendersi e dimenticare 12 ore di lavoro, si scorda le chiavi nella

serratura. Rendendo così una vera passeggiata il furto ai ladri che però, nella maggior parte dei casi lavorano di giorno, nelle ore di ufficio o approfittano di ponti e vacanze, di feste comandante.

I chiacchieroni. Se la mancanza di memoria, disattenzione e stanchezza rendono la vita facile ai ladri, anche i topi di appartamento col tempo sono diventati più tecnologici e pare che i più esperti incrocino le informazioni raccolte sui social network per sapere quale casa è momentaneamente libera, abbandonata, senza gli inquilini e quindi più facile e comoda preda. Attenti dunque a raccontare al mondo intero quando partite per i lidi più lontani, qualcuno più interessato alla vostra roba che al vostro benessere

potrebbe leggervi. Al contrario c'è una fetta di inquilini previdenti che, in vista di una partenza, si organizza per lasciare falsi indizi sulla via dei manolesta: il 46% fa vuotare la cassetta posta da vicino o, imposta
l'accensione automatica di una luce in casa per far pensare che qualcuno è rimasto in città.

Le regioni record. L'anno scorso sono stati 350mila i tentati furti in casa, mentre almeno una persona su dieci ha avuto l'amara sorpresa nell'ltima decade di ritrovarsi la casa svaligiata, le cose che ama frugate, sparpagliate in giro. Un dolore, una violenza al di là del danno economico. Il record di furti in Campania, Puglia e Lombardia dicono le statistiche, e avvenuti per l'89% dei casi di giorno durante le ore di lavoro.

Dieci sistemi di difesa. Nell'inchiesta di Altroconsumo, c'è anche l'elenco dei dieci sistemi ritenuti più funzionali. Al primo posto c'è il sistema di allarme, installato dal 21 % degli intervistati, al secondo le porte di ingresso con serrature speciali messe dal 48%, la medaglia di bronzo nei sistemi anti intrusione c'è il cane, scelto dal 17%. Al 4 le porte blindate, ce l'ha il 69% degli inquilini come le inferriate o le sbarre alle finestre

messe dal 50%. I chiavistelli sono stati scelti dal 17% mentre le finestre con chiusura a chiave o limitatori apertura finestre, dal 21%. Infine i vetri antisfondamento li sceglie il 18 %. Sistemi utili, spesso e

soprattutto se combinati, dicono gli esperti, ma che si rivelano totalmente intili se il padrone di casa ha dei vuoti di memoria e dopo aver messo allarme, porte blindate e vetri antisfondamento trasformando la casa in un bunker lascia in bella mostra la chiave nella serratura. Insomma più del fortino potè la buona memoria.

Appalti, favori, soldi colpito l’impero dei Degennaro


Tutti gli uomini dell’inchiesta

Vito Paloscia, nato a Bari il 03/12/1966; Graziantonio Santoro, nato ad Altamura (BA) il 15/04/1956; Grazian - tonio Loiudice, nato ad Altamura (Ba) il 01/04/1955; Leonardo Tinelli, nato a Bari il 15.10.1955; Anna Paola Cirelli, nata a Foggia il 29/06/1966; Domenico Petrone, nato a Gravina in Puglia (Ba) il 08.01.1972; Michele Corona, nato a Taranto il 07/10/1960; Raffaele Contessa, nato a Sesto San Giovanni (Mi) il 05/05/1964; Alberto Pansini, nato a Conversano (Ba) il 17/09/1974; Dario Morelli, nato a Fasano (Br) il 06/1 i/1947; Vito Nitti, nato a Bari il 30/05/1960; Pasquale Paticchio, nato a Bari il 09/05/1959; Anna Maria Curcuruto, nata a Brindisi il 14/05/1950; Saverio Sabini, nato a Bari il 13/11/1944; Ruggiero Lerario, nato a Bari il 06/10/1951; Vito De Francesco, nato ad Adelfìa (Ba) il 16/02/1949; Filippo De Cristofaro, nato a Corato (Ba) il 19/03/1949; Raffaele De Marco, nato a Noci (Ba) il 10/06/1978; Gennaro Russo, nato ad Andria (Bat) il 10.07.1951; Francesco Bitetto, nato a Bari il 13/07/1949; Mauro Luciani, nato a Roma il 15/01/1951; Giovanni Campobasso, nato a Triggiano (Ba) il 21/07/1953; Giovanni Biancofiore, nato a Taranto il 22/03/1955; Giovanni Micunco, nato a Bari il 07/01/1949; Rocco Luciano Uva, nato a Ruvo di Puglia (Ba) il 13/12/1948; Angelo Lobefaro, nato a Bari il 09/08/1949; Donato Loperfido nato a Broux (Belgio) il 15/11/1958; Lumi Cippone, nato a Bari il 04/09/1958; Ilda Curci, nata a Bari il 22/11/1955; Antonio Colangelo, nato a Bari il 27/04/1967; Rosa Mastrodonato, nata a Bisceglie (Ba) il 15/05/1970; Vincenzo Cotecchia, nato a Napoli il 01/03/1925; Maria (Daniela) Ciamarrusti, nata a Bari il 05/03/1963; Francesco Leo, nato a Bari il 27/05/1963; Luigi Nigro, nato a Bocchialiero (Cs) il 02/07/1953; Anna Vella, nata a Bari il 14/09/1961; Ketty Di Tardo, nata a Carbonara di Bari il 13/05/1967; Maurizio Franco, nato a Bari il 13/07/1963; Vito Michele Giacomo Degennaro, nato a Bitonto (Ba) il 25/07/1950; Nicla Palumbo, nata ad Andria (Bat) il 22/02/1983; Cosimo Sancilio, nato a Molfetta il 06.07.1943; Silvio Sancilio, nato a Bari il 27.04.1978; Marta Sancilio, nata a Bari il 21.01.1975; Giovanni Degennaro, nato a Bitonto (Ba) il 30.10.1945; Maurizio Montalto, nato a Tripoli il 09.08.1958; Laura Casanova, nata a Bari il 13.01.1967; Daniele Giulio Maurizio Degennaro, nato a Bari il 17/02/1961; Nicola Cortone, nato a Bari il 07.08.1971; Gerardo Degennaro, nato a Bitonto (Ba) il 9/10/1954; Paolo Rosa, nato a Pignola (Pz) il 01.05.1955; Michele Nuzzolese, nato ad Altamura (Ba) il 28/03/1966.

mercoledì 7 marzo 2012

Cassazione: Tedesco promotore malaffare della sanità in Puglia

«Vendola? Sapeva tutto»

ROMA– Sono "gravi" gli indizi di colpevolezza con riferimento all’accusa di essere a capo di una organizzazione a delinquere, che lottizzava la sanità pubblica in Puglia, a carico dell’ex senatore del Pd, ora passato al gruppo misto, Alberto Tedesco. Lo sottolinea la Cassazione, nelle motivazioni della sentenza 9117 depositata oggi e relativa all’udienza dello scorso 16 dicembre. I supremi giudici confermano anche la pericolosità sociale di Tedesco, per il rischio di recidiva, e la necessità di misure cautelari.

Ad avviso della Cassazione, "la cessata carica di assessore regionale alla sanità (ricoperta durante la prima giunta Vendola, ndr) non ha fatto venir meno il pericolo di recidiva, dal momento che Tedesco "continua a mantenere relazioni e rapporti con burocrati e funzionari rimasti all’interno dell’amministrazione sanitaria grazie anche al suo rilevante ruolo politico di senatore della Repubblica". Aggiunge inoltre la Suprema Corte, confermando la richiesta di arresti domiciliari formulata dal Tribunale del riesame di Bari lo scorso 18 aprile – su ricorso del pm, mentre il gip aveva chiesto la misura per il meno grave reato di corruzione – che il rischio di reiterazioni dei reati è rappresentato soprattutto "dai dimostrati collegamenti e interessi che l’indagato ha con la 'Aesse Hospital', società operante nel settore della sanità e facente capo alla famiglia Tedesco".

Per quanto riguarda l’accusa di essere a capo, con "frenetica ingerenza", di una "rete in progress" che coinvolgeva manager, imprenditori e dirigenti, la Cassazione ritiene che il riesame abbia "coerentemente motivato" sui "gravi indizi", dimostrando, allo stato degli atti, "l'esistenza di un contesto associativo, capeggiato da Tedesco, finalizzato all’acquisizione della gestione e del controllo di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici per la realizzazione di profitti e vantaggi ingiusti, anche a favore di imprenditori utilizzati per sostenere la propria campagna elettorale". Per due volte, lo scorso 20 luglio e il 15 febbraio, il Senato ha respinto la richiesta di arresto per Tedesco.

Investe con l'auto il rivale in amore e viene arrestato


BARI - Per motivi riconducibili a rivalità passionali, un giovane ha investito con la propria auto il 'concorrentè per poi fuggire. E’ quanto hanno accertato i carabinieri della Stazione di Triggiano, in provincia di Bari, che hanno arrestato un 27enne incensurato con le accuse di lesioni personali aggravate. I fatti risalgono alle prime ore di stamane quando l’autore del gesto, a bordo di una vettura, in via Gramsci, ha procurato lesioni ad un giovane di 24 anni. I militari, allertati da una telefonata, sono intervenuti e hanno prima soccorso il ferito ed immediatamente dopo sono riusciti a rintracciare il presunto responsabile vicino alla sua abitazione, ancora a bordo dell’auto, poi sequestrata. La vittima, che è dovuta ricorrere alle cure sanitarie al pronto soccorso, se la caverà con 7 giorni di prognosi. Il 27enne, su disposizione della Procura della Repubblica di Bari, è stato sottoposto agli arresti domiciliari.

03 Marzo 2012





Scontro tra l'ex sindaco Cassano e l'attuale Sindaco De Nicolò

Centro storico, da Cassano e De Nicolò solo "chiacchiere"


Su La Gazzetta del Mezzogiorno di oggi, 7 marzo 2012, è pubblicata un’intervista di Vito Prigigallo all’ex sindaco Michele Cassano. Tema portante dell’articolo è il centro storico di Triggiano.

Cassano, pur facendo parte della stessa maggioranza che regge l’amministrazione con a capo Vincenzo De Nicolò, continua ad attaccare l’attuale sindaco come già fatto in passato su testate locali on line, quotidiani e periodici a diffusione territoriale come, appunto, la storica Gazzetta.

Che dire? È evidente che la barca del sindaco De Nicolò fa acqua da tutte le parti e non solo a livello di scafo. Anche l’equipaggio gli è contro. Se così non fosse, quale motivo avrebbe Cassano per attaccarlo? Sta di fatto che la maggioranza esiste solo sulla carta, anzi “esiste” è una parola grossa. Meglio dire che sopravvive - se non addirittura che vivacchia - come dimostrano le dimissioni, poi rientrate, dello stesso De Nicolò di qualche tempo fa.

Tornando all’articolo della Gazzetta, Cassano cerca di prendersi il merito del miglioramento delle condizioni di vita del centro storico e dei suoi abitanti. Alla faccia della faccia tosta!! Come dimenticare la sua totale inerzia da sindaco sordo e cieco a qualsiasi iniziativa mirata alla promozione e alla valorizzazione del quartiere? Ricordo all’ex sindaco che l’iniziativa per l’esenzione triennale di Tarsu e Tosap è stata promossa dal sottoscritto congiuntamente ai componenti della prima Commissione di cui ne faceva parte.

Un obbligo per l’Amminsitrazione in quanto proprio i lavori per la realizzazione della sballata operazione di restyling di Cassano - finanziata peraltro con i fondi reperiti dal precedente sindaco Franco De Nicolò - aveva finito con il causare disagi a residenti e cittadini, solo in parte risarciti dall’esenzione temporanea dal pagamento dei tributi comunali per i soli commercianti.

Il prode Cassano, poi, aveva pensato bene di avviare il progetto di rifacimento del centro storico senza prevedere la costruzione di una zona di sosta per i residenti, costringendoli, ancora oggi, a parcheggi pericolosi per pedoni e auto in transito.

Non è un bello spettacolo, infatti, quello che oggi caratterizza il centro storico di Triggiano: la gente parcheggia dove capita, anche sui marciapiedi e nei vicoli stretti tanto da rendere impossibile il transito anche ai pedoni; le fioriere per delimitare il divieto di sosta in Piazza Mercato sono finite con l’arredare la villa del solito “amico”. I controlli inesistenti chiudono questo desolante quadro, specchio di un intero comune alla deriva.

Per concludere, al legittimo assillo del sindaco De Nicolò su dove far parcheggiare i residenti, azzardo una risposta: c’è un garage dalle parti di via Casalino, angolo via Pertini, all’interno del quale pare ci sarebbe posto per una cinquantina di auto. Interessa? C’è un solo problema: è abusivo!!!

martedì 6 marzo 2012

Bari, un nuovo metodo per l’analisi del cuore

BARI - L’Università di Bari alla ribalta della ricerca scientifica per una nuova metodologia messa a punto per compiere l’analisi cardiologica.

La ricerca è stata condotta dal professor Carlo Caiati, dirigente medico, aggregato di Cardiologia e ricercatore nella Divisione di Cardiologia dell’Ateneo, diretta dal professor Stefano Favale.
Dopo anni, Caiati ha definito una nuova metodica per la diagnosi della malattia coronarica che, nel mondo occidentale, secondo le statistiche, è la prima causa di morte.

«È importante riconoscere e trattare la malattia coronarica non solo se in fase avanzata - spiega il professor Favale - quando si manifesta con angina pectoris ma anche quando è nelle sue fasi iniziali. È una malattia senza sintomi di rilievo che con gli attuali mezzi diagnostici non invasivi non è riconoscibile. È proprio nelle fasi iniziali che però possono spesso verificarsi i grossi infarti. Sono infatti le piccole placche (ispessimenti delle pareti interne delle arterie, ndr) quelle che più si complicano e causano l’infarto».

Importante, quindi, un monitoraggio puntuale e completo sin dall’inizio.

Si chiama Ecocardiodoppler il metodo di diagnosi messo a punto dal ricercatore barese. In che consiste? L’ecografia intracoronarica si effettua infilando un sondino nell’arteria e con una sonda è possibile verificare le condizioni dall’interno. Altro sistema, la ecografia intracoronarografia: si inietta liquido di contrasto e viene effettuata un coronarografia.

Con alcune modifiche a un macchinario recentemente acquisito dal centro è possibile effettuare l’Ecocolordoppler, «esame non invasivo - spiega il professor Caiati - è tridimensionale, non ci sono rischi mentre con la coronarografia possono esserci complicanze anche mortali seppure in percentuali basse e poi c’è la tossicità del liquido di contrasto. Aspetto importante per chi ha un solo rene. In più le radiazioni della tac, altra procedura non invasiva, sono consistenti e hanno un impatto a lungo termine con incidenze forti specie per coloro che hanno meno di 50 anni. Con il metodo che ho messo a punto la Tac al cuore viene resa inutile e per la prima volta con metodo non invasivo si può vedere tutta la situazione delle arterie e anche del microcircolo». Insomma, nel cuore e nelle arterie non viene inserito nulla, si tratta di un’scografia che «legge» in profondità.

La nuova metodologia ha molto interessato gli scienziati Usa tanto che Favale e Caiati sono stati invitati al congresso che si terrà a Chicago a fine mese e Caiati relazionerà sulla propria metodologia in una sessione.

Non solo: nel prossimo numero della più prestigiosa rivista Journal of american college sarà pubblicato un articolo di Caiati.

Ma non è tutto: il progetto ha anche vinto un finanziamento Pon di 180mila euro con il quale sarà acquistato un macchinario all’avanguardia. Inoltre, il centro, insieme con aziende del settore tecnologico, sta definendo un apposito corso per insegnare a cardiologi europei la metodologia dell’Ecocolordoppler.

Da qualche anno nella Cardiologia universitaria è stato dato impulso alla ricerca e «oltre a due corsi di formazione per impiantistica e gestione dei pacemaker - ha detto Favale -, pensiamo di varare presto un corso permanente per l’impianto di defibrillatori destinato a medici dei paesi del Medio Oriente».
A tre anni dimenticata nello scuolabus la Procura apre un'inchiesta
IL CASO A tre anni dimenticata nello scuolabus


la Procura apre un'inchiesta La mamma che l'aveva affidata all'assistente non l'ha trovata a scuola quando è andata a riprenderla. La piccola era rimasta sul bus, ad accorgersi di lei un collega dell'autista. Si procede per abbandono di minore

Dimenticata sullo scuolabus e parcheggiata per ore in un garage. A tre anni. E ora la Procura apre un'inchiesta sull'avventura che poteva avere conseguenze molto gravi e che è capitata a una piccola lasciata nel bus dalla mattina, da quando la mamma l'aveva affidata all'assistente del servizio trasporto per accompagnarla alla scuola materna nel quartiere Palese di Bari. La bimba è rimasta chiusa nel mezzo custodito nel garage dopo il giro mattutino, fino a quando non è stata notata da un altro autista che si è affacciato per riprendere il bus e metterlo in moto per tornare all'asilo a riprendere gli alunni e riaccompagnarli a casa. Circa tre ore. Il mezzo sarebbe stato riutilizzato per andare a riprendere i piccoli dalla scuola dell'infanzia di via maresciallo Ranieri, del circolo didattico Duca d'Aosta e Marco Polo. Ma nel frattempo, la mamma della bambina era andata lei all'asilo e grande è stato lo spavento nel sentirsi dire che sua figlia quel giorno non c'era.

Il dirigente della scuola dell'infanzia frequentata dalla bimba ha aperto un'inchiesta amministrativa, investendo della questione la Ripartizione Politiche giovanili del Comune. Secondo quanto accertato, la madre della piccola aveva lasciato regolarmente la bimba all'assistente, informandola che sarebbe andata lei a prenderla prima dell'uscita per portarla con sé. Quando la giovane donna si è trovata di fronte alla maestra, al brutta sorpresa. A quel punto, però, la piccola era già stata trovata: a scuola è arrivata l'assistente dello scuolabus, avvertita dall'autista, che con la sua auto privata ha accompagnato la bimba. La piccola era tranquilla, forse si era addormentata.

Il sindaco di Bari, Michele Emiliano, ha trasmesso alla Procura della Repubblica tutti gli atti e le comunicazioni in possesso degli uffici comunali. Il Comune ha chiesto di procedere nei confronti dei responsabili per il reato eventuale di abbandono di minore. Sul piano amministrativo, la ripartizione Politiche educative, giovanili e sportive del Comune "ha già accertato - si legge in una nota - l'inadempimento da parte della ditta appaltatrice degli obblighi imposti dal capitolato e, se ne ricorreranno le condizioni, si procederà alla risoluzione del contratto".

La Procura ha aperto l'inchiesta. Ad occuparsi del caso sarà il pool di magistrati che combatte i reati contro i minori e i soggetti fragili. Al momento non ci sono persone iscritte nel registro degli indagati ma saranno ascoltate tutte le persone coinvolte nell'episodio.

(01 marzo 2012)
 DOSSIER: Fisco, la stangata di marzo alleggerita la busta paga.

Scattano le addizionali Irpef, rincari in tutte le Regioni e in 300 Comuni. Sbloccata dal governo anche l'Irap locale oltre a tributi minori. Pronti altri rincari per i rifiuti e tra tre mesi si paga la prima rata dell'Imu

E' LA STANGATA di marzo. Nelle buste paga di questo mese si dovrà pagare il conguaglio dell'aumento delle addizionali regionali Irpef 2011 (deciso retroattivamente dal governo Monti a dicembre dello scorso anno) e l'acconto del 30 per cento delle addizionali comunali Irpef, sbloccate dal Berlusconi-Tremonti nell'estate scorsa. Grazie al semaforo verde già 300 Municipi hanno approvato gli aumenti, tra cui sette capoluoghi di provincia. La stangata regionale viene valutata dalla Uil servizio politiche territoriali in un aggravio che porterà la famiglia media a pagare fino a 371 euro, mentre per quella comunale si prevede un passaggio nel 2012 dai 129 ai 177 euro medi pro-capite. Si intende che chi guadagna di più sarà sottoposto ad un salasso maggiore. Tutto ciò mentre il decreto fiscale, in discussione in Parlamento, ha sbloccato le aliquote Irap e se le Regioni si avvalessero della nuova opportunità e aumentassero di un punto la tassa sulle attività produttive per le imprese ci sarebbe un aggravio che la Cgia di Mestre calcola in 3,5 miliardi. Tutto ciò in attesa del 16 giugno quando si tornerà, con la prima rata, a pagare l'Imu sulla prima casa: in città come Roma e Milano la famiglia media pagherà 83 euro, ma la media nazionale non dice tutto perché in città come Roma si arriverà a 461 euro e come Milano a 426 euro. Completano il quadro gli aumenti della tassa sui rifiuti, unica esente dal blocco del 2008: in tre anni è cresciuta mediamente in Italia del 7,6 per cento e molti Municipi sono pronti a nuovi rincari. A far da beffa una serie di micro-imposte come l'addizionale che le Province, ente di cui molti vorrebbero la soppressione, impongono sulla Tassa comunale sui rifiuti, si chiama Tefa e dal 2012 può aumentare liberamente.

Addizionali regionali
Stangata in arrivo per le addizionali regionali. Nella busta-paga di marzo tutti i contribuenti italiani, da Nord a Sud, di tutte le Regioni, dovranno pagare il conguaglio 2011 dell'aumento dell'addizionale regionale Irpef deciso con il decreto Salva Italia del governo Monti. L'aumento è pari allo 0,33 per cento dell'aliquota base (cioè quella che non è nella discrezionalità delle Regioni) e porta l'aliquota dallo 0,9 all'1,23 per cento. Già nella busta paga del mese di febbraio, appena alle nostre spalle, c'è stata l'altro piccolo salasso: il previsto acconto del 30 per cento dell'addizionale del 2012 che quest'anno è stato più salato del 2011 perché comprende l'aumento dello 0,33. Secondo i calcoli della Uil servizio politiche territoriali l'aumento in questione vale mediamente 76 euro. Nel biennio si pagheranno 152 euro in più. L'aumento è piuttosto doloroso perché le addizionali Irpef, a differenza dell'Irpef nazionale, non sono protette dalle detrazioni per la produzione di reddito, ovvero si pagano sull'imponibile pieno. Si calcola che l'aggravio dovuto all'imminente rincaro sia confrontabile ad un aumento di un punto dell'aliquota Irpef statale.

Addizionali comunali
Raffica di rincari per l'addizionale comunale dell'Irpef il cui aumento è stato sbloccato dal decreto di agosto firmato dall'allora ministro dell'Economia Tremonti. Con la busta-paga di marzo bisognerà pagare il previsto acconto del 30 per cento. Ad oggi, sebbene la maggior parte dei Comuni non abbia ancora approvato il bilancio del 2012, già 301 Municipi hanno varato gli aumenti. Tra questi sette città capoluogo: Chieti passa dallo 0,7 del 2011 all'attuale 0,8 per cento; Agrigento dallo 0,4 allo 0,6; Brescia dallo 0,2 allo 0,55; Catanzaro dallo 0,5 allo 0,8 per cento; Teramo dallo 0,5 allo 0,8; Viterbo dallo 0,4 allo 0,5; mentre Ferrara ha deliberato tre aliquote per fasce di reddito passando dall'aliquota unica dello 0,5 dello scorso anno ad aliquote comprese dallo 0,6 allo 0,8 per cento. Ma non è finita perché i Comuni hanno tempo fino al 30 giugno, data successiva alle elezioni amministrative, per aumentare l'Irpef e dunque i contribuenti italiani potranno aspettarsi altre sorprese. La Uil politiche territoriali stima che quest'anno l'aggravio medio potrà arrivare a 58 euro pro-capite. In totale i Municipi che lo scorso anno avevano deliberato l'addizionale Irpef erano 6.216 su un totale di circa 8.000.

Tarsu
In attesa della Tares, la nuova imposta sui servizi pubblici comunali e sui rifiuti che entrerà in vigore dal prossimo anno, continua il rincaro della vecchia Tarsu, che non è mai stata sottoposta a blocchi e dunque è stata per molti Comuni l'unica leva fiscale utilizzabile. Dal 2008 al 2010 la Tarsu ha totalizzato mediamente nei Comuni italiani un aumento del 7,6 per cento. Mediamente nel 2010 le famiglie italiane - prendendo come campione un nucleo familiare di 4 persone con una casa di 80 metri quadrati e un reddito imponibile Irpef di 36 mila euro - hanno pagato 210 euro (nel 2009 erano 200 euro). Ma gli aumenti non si fermano qui: nel 2011 sono stati messi a segno altri rincari e la prossima estate si disporrà di un quadro definito delle decisioni che stanno meditando i Comuni. Inoltre la stragrande maggioranza delle Province, 86 amministrazioni, aggiunge alla tassa rifiuti comunale il peso del proprio Tributo provinciale ambientale. L'aliquota più alta è pari al 5 per cento, mentre il minimo è l'1 per cento. Tra le amministrazioni più care Arezzo con il 4,7 per cento; Catania, Messina, Agrigento, Avellino, Lucca e Foggia con il 4 per cento e Udine con il 4,5 per cento.

Irap locale e altre tasse
Il decreto legge fiscale deve ancora essere convertito, ma gli aumenti possono essere già varati. Il provvedimento del governo Monti sblocca dal 2012 una serie di tasse regionali, provinciali e comunali. La più importante è l'Irap che da una parte beneficia delle maggiori detrazioni per le assunzioni di giovani e donne varate dal governo, ma dall'altra è esposta a pericolosi rincari. La Cgia di Mestre ha calcolato che se tutte le regioni che hanno ancora margini mettessero in atto un aumento di un punto il costo per le imprese sarebbe di 3,5 miliardi. Il pacchetto di imposte, per così dire "minori", era ancora sotto il blocco del 2008 dal quale già erano uscite Irpef e Rc auto e che non aveva mai investito la Tarsu. Che aumenti dobbiamo aspettarci? A livello regionale potranno aumentare oltre all'Irap, il bollo auto, la Tassa per i diritto allo studio, l'Addizionale per il consumo del gas (Arisgam), le tasse per l'abilitazione professionale. A livello provinciale: il citato Tributo ambientale (Tefa), la tassa provinciale per l'occupazione del suolo pubblico (Tosap). A livello comunale la stangata possibile sulle tasse "minori" non sarà meno pesante: nel mirino degli amministratori ci saranno l'imposta sulla pubblicità e la Tosap.

Imu
La data fatidica è il 16 giugno quando tornerà l'Ici sulla prima casa sotto le mentite spoglie dell'Imu, imposta municipale unica. Per quella data è infatti previsto il versamento della prima rata. Una vera e propria stangata che porterà nelle casse dello Stato 11,5 miliardi L'aliquota ordinaria è stata fissata al 4 per mille e i Comuni potranno aumentare o diminuire l'aliquota del 2 per mill. La tassa sarà mitigata da una detrazione di 200 euro, aumentabile di 50 euro per ciascun figlio a carico under 26 fino ad un massimo di 400 euro. La Uil servizio politiche territoriali calcola che l'aggravio medio per le famiglie sarà quest'anno di 83 euro con punte di 461 euro a Roma 426 a Milano. Doloroso anche il pagamento dell'Imu per le seconde case, sottoposto come per le prime ad un ampliamento della base imponibile con il rincaro delle rendite catastali del 60 per cento. L'aliquota di base è fissata allo 0,76 per mille sulla quale i Comuni potranno apportare un aumento o una diminuzione del 3 per mille. L'aggravio medio, rispetto alla vecchia Ici-Irpef seconda casa, sarà mediamente di 95 euro, passando da un esborso medio di 537 euro a uno di 632 euro. Punte di esborsi medi di 1.286 a Roma e 1.352 a Milano.

(06 marzo 2012)
Voglia di un partito dei tecnici boom di consensi e più gente al voto 
 IL SONDAGGIO - Voglia di un partito dei tecnici


boom di consensi e più gente al votoSecondo la rilevazione di Ipr Marketing per Repubblica.it la nuova aggregazione affiancherebbe il Pd al 22%, rubando voti a Bersani, al Pdl, al Terzo Polo e anche a Di Pietro.

In crescita anche la gente che andrebbe a votare di   MATTEO TONELLI

ROMA -Auspicio, timore o illusione che sia, la suggestione che da un governo tecnico si passi ad un partito dei tecnici è sul tavolo della politica. Non a caso oltre per le cose fatte oggi, di Monti e di alcuni suoi ministri, si parla per quello che potrebbero fare domani. Ovvero dopo il 2013, a legislatura ultimata. Monti, però, è stato chiaro: "La mia esperienza politica finirà allora". Una chiusura che non ha impedito che le voci intorno ad un ipotetico attivismo politicio di alcuni suoi ministri, Passera e Riccardi in primis, si siano rincorse. E puntualmente smentite dai diretti interessati. Adesso, un sondaggio realizzato da Ipr Marketin per Repubblica.it, fotografa il grande successo che avrebbe un cosidetto "partito dei tecnici". Una simile aggregazione, infatti, raccoglierebbe il 22 per cento dei consensi. Provocando un vero e proprio terremoto elettorale. A farne le spese sarebbe i due maggiori partiti italiani che sostengono l'esecutivo Monti: Pd e Pdl.

Il partito di Bersani, che attualmente i sondaggi danno saldamente in testa ai consensi, vedrebbe un calo del 6% e dovrebbe dividere la prima piazza proprio con il "partito dei tecnici". Vanno male le cose anche per il Pdl,m che perderebbe 5 punti e arriverebbe al 17%. Segno meno anche per il Terzo Polo. L'Udc scenderebbe dall'8 al 4%, Fli dal3,5% al 2%, l'Api praticamente sparirebbe. Ma il segno meno riguarderebbe praticamente tutti. Anche chi, come l'Idv, di questo governo è oppositore. Di Pietro e i suoi, infatti, si ritroverebbero dal 7 al 5%, mentre Sel di Nichi Vendola resterebbe saldamente ancorea al 7%.

L'altro aspetto che colpisce riguarda la mobilitazione elettorale. In tempi di sfiducia verso i partiti e di disaffezione elettorale, il semplice ingresso sulla scena dei tecnici avrebbe l'effeto di riportare al voto tanta gente: stando al sondaggio, infatti, gli indecisi e coloro i quali dichiarano di non votare passerebbero dal 47 al 33%.

Fino a qui i dati. Ben più complicata è l'analisi politica di un fenomeno di cui si fa fatica a scorgere i confini. Anzitutto perché un partito "tecnico" che si presenta alle elezioni diventa immediatamente politico. Con, vista la disaffezione verso i partiti, immediate ricadute di appeal sul grado di consenso. Poi perché un agire "tecnico" appare funzionale in un momento di emergenza come quello attuale, con i partiti piazzati quasi ai margini. Una condizione che appare improbabile possa realizzarsi in condizioni di "normalità" politica ed economica. E allora chissà che non accada che qualche singolo "tecnico" tenti l'avventura politica.

(05 marzo 2012)