venerdì 12 agosto 2011

I cravattari della politica

Ecco come ti trasformo la Regione in un bancomat

Si chiama «assegno di fine mandato», teoricamente dovrebbe servire al reinserimento lavorativo di chi per un certo periodo si è impegnato per la collettività trascurando i propri interessi personali. Ma, nei fatti, è un altro dei privilegi che derivano dalla legge 8 del 2003. Che, grazie all'ingegno dei politici pugliesi, si è trasformato con gli anni nel bancomat dei consiglieri regionali. Il motivo è presto spiegato. Per ogni legislatura trascorsa in via Capruzzi, il consigliere ha diritto a una «liquidazione » pari a un anno pieno di indennità (134.290 euro). Ma per prendere i soldi non deve attendere di diventare ex, perché una normetta ben nascosta in una legge di bilancio (l'articolo 57 della legge 1/2004) consente di richiedere, dopo soli due anni e mezzo di contribuzione, anticipi dell'assegno di fine mandato fino all'80%. Una possibilità che solo nell'ultimo anno della passata legislatura è stata esercitata da 19 consiglieri in carica, imitati quest'anno da almeno un'altra dozzina di colleghi. Per molti consiglieri regionali prendersi la liquidazione a pezzi è quasi obbligatorio: ritirando tutto insieme il «tesoretto», infatti, si rischia di lasciarne metà allo Stato in tasse. Meglio, molto meglio, ritirare 20-30mila euro l'anno, così da non sforare nello scaglione Irpef più alto. Il mese scorso lo hanno fatto ad esempio Nicola Marmo e Pino Lonigro, mentre a giugno è stata la volta di Giacomo Olivieri. Marmo, ex An di lungo corso, già nel 2010 aveva chiesto 34mila euro, quest'anno ne ha ottenuti altri 26mila che si sommano ai 262mila ottenuti a rate nel corso degli anni su un assegno di fine mandato totale (dunque ancora teorico) pari a circa 406mila euro. Lonigro, alla sua seconda legislatura, non aveva mai chiesto anticipi e ha così potuto ottenere tutti i 115mila euro (su 144mila maturati) di anticipo che gli spettano. Situazione simile per Olivieri, che però aveva già ritirato 60mila euro nel 2008 e dunque a questo giro ne ha avuti circa 55mila. Siccome l’assegno di fine mandato non è una liquidazione, i consiglieri regionali ricevono l’intero importo (al netto delle tasse sul reddito) e non devono lasciarne un pezzetto ai fondi di categoria come accade per il Tfr che spetta ai comuni lavoratori. E siccome lo scorso anno sono andati «in pensione» (nel senso che non sono stati rieletti) una trentina di consiglieri, l’onere delle liquidazioni è costato alle casse regionali quasi 8 milioni, dei quali 4,7 già erogati nel 2010: a dicembre – nonostante i vincoli del patto di stabilità – per soddisfare le richieste ancora in attesa la giunta regionale ha dovuto effettuare una variazione di bilancio da 2,6 milioni.

mercoledì 10 agosto 2011

 
Un'intercettazione per la Procura  inchioda Tedesco

BARI – Che il sen.Alberto Tedesco (ex Pd, ora gruppo Misto) per la Procura di Bari fosse a capo di un sodalizio criminale che manovrava la sanità pugliese lo si evince da una conversazione ambientale registrata nel suo ufficio quando era l’assessore regionale al settore e che fa parte del fasciscolo con il quale il Tribunale del riesame ha chiesto ieri al Senato l’autorizzazione ad arrestare il parlamentare e di porlo ai domiciliari con l’accusa di associazione per delinquere.

21 novembre 2008: un uomo dall’accento leccese (non identificato) – scrivono i giudici – «declamava a Tedesco quello che può essere definito lo statuto dell’associazione per delinquere, teorizzando che attraverso nomine di persone di propria fiducia nelle istituzioni pubbliche, perpetuando di fatto una politica di occupazione delle poltrone, sarebbe stato garantito un bacino di voti idoneo ad assicurarsi la prossima campagna elettorale». Ecco il testo: «Tu ti prendi...non sto scherzando, 10, 15, 20 mila voti in più...oltre a quelli che prendi normalmente...e devi avere un collegamento in ogni Asl e in ogni ospedale...cioè, tu ti sei creato una rete di persone...questa rete sarà l’intelaiatura della tua campagna elettorale".

In un’altra registrazione ambientale (13 novembre 2008) Tedesco parla con due dirigenti della Asl di Bari della stabilizzazione di un’impiegata, la cui identità non è stata accertata. Il parlamentare – rileva il Riesame – «con forza ribadisce: tu forse non hai capito! Le dobbiamo stabilizzare tutte. Le dobbiamo stabilizzare, lo dico al direttore, al vicedirettore, al condirettore, fategli una cosa! Chi verrà mai a vedere le carte!». «Emerge evidente da questo colloquio - sottolineano i giudici – non solo l’assoluta tracotanza di poter impunemente violare la legge nella presunzione di non essere soggetto ad alcun controllo, ma anche e soprattutto il potere derivante dalla disponibilità di una struttura amministrativa asservita a quel modus operandi».

martedì 9 agosto 2011

Sanità, per Tedesco anche associazione a delinquere
BARI – Il senatore Alberto Tedesco (eletto nel Pd e ora nel gruppo Misto), ex assessore pugliese alla Salute, sarebbe stato per anni il capo, il vertice, il promotore e l’organizzatore di un’associazione per delinquere finalizzata a raccogliere voti in cambio di appalti, attraverso una rete di rapporti e persone fidate nelle Asl regionali. Lo si apprende da fonti giudiziarie in merito al provvedimento depositato questa mattina con cui il Tribunale del riesame ha accolto l’appello della Procura di Bari contro il mancato riconoscimento da parte del gip, il 23 febbraio scorso, del reato di associazione per delinquere a suo carico e di altri indagati nella stessa inchiesta sul malaffare nella sanità in Puglia.

Per Tedesco la Procura aveva chiesto l’autorizzazione a procedere all’arresto per i reati di concussione, abuso d’ufficio, turbativa d’asta e concorso in falso, ma il Senato il 20 luglio scorso, tra tante polemiche, aveva votato contro la richiesta. Ed è lo stesso Riesame, ora, a chiedere di nuovo al Senato l’autorizzazione a procedere all’arresto, ritenendo adeguata la misura dei “domiciliari”. Il senatore ha dieci giorni per ricorrere in Cassazione.

Secondo i giudici del Riesame, atto costitutivo del sodalizio sarebbero state le nomine dei direttori generali delle varie Asl della Puglia, mentre i terminali erano gli imprenditori a cui favore erano pilotate le gare d’appalto e che, in cambio, fornivano stabile supporto elettorale ed economico al politico. Quello che emerge, in sostanza, è l’esistenza di un gruppo di potere finalizzato alla lottizzazione politica degli appalti.

Il Riesame si esprime solo su Tedesco, ma nel provvedimento farebbe riferimento anche agli altri presunti componenti del sodalizio, alcuni dei quali sarebbero stati inviati da Tedesco in sua vece a fare indebite pressioni e raccomandazioni sui manager della Asl. Le indagini avrebbero dimostrato che la violazione dei principi di legalità non riguardavano solo le nomine dei 'primariuccì, come emblematicamente definiti in una intercettazione riportata anche nell’ordinanza di custodia cautelare del 23 febbraio, ma investiva direttamente i vertici delle aziende sanitarie.
Chi manovrava ed assumeva le decisioni era Tedesco, si apprende ancora da fonti giudiziarie, ma poteva farlo soltanto in quanto poteva contare su una struttura di potere pronta ad eseguire quelle indicazioni. Se quella struttura di pubblici funzionari asserviti e disponibili a violare sistematicamente la legge non fosse esistita, Tedesco da solo non avrebbe potuto fare nulla, dall’attribuzione di singoli posti di lavoro all’assegnazione degli appalti.

Ora la palla torna al Senato che dovrà pronunciarsi nuovamente sulla richiesta di arresti domiciliari per il senatore, questa volta per reati ben più gravi. Il no del Senato del 20 luglio ha provocato polemiche e accese discussioni tra i partiti, con il Pd (ex partito di Tedesco e favorevole all’arresto) che ha accusato la Lega di avere salvato il senatore votando contro l’arresto (la votazione fu a scrutinio segreto) nonostante si fosse pubblicamente dichiarata favorevole alla misura cautelare.

Tra l’altro lo stesso Tedesco fu duramente contestato all’indomani del voto del Senato per la scelta di non dimettersi, nonostante prima del voto avesse apertamente invitato i colleghi a votare a favore dell’arresto.

Il parlamentare non si è detto sorpreso per il provvedimento odierno: “Non lo escludevo considerando che fino a questo momento il Riesame si è adeguato sempre alle richieste dei pm avendo però avuto in qualche occasione torto dalla Cassazione”.